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sabato 31 ottobre 2015

Speciale HC italiano - Ospite Antonio Cecchi (Cheetah Chrome Motherfuckers) - Venerdì 6 novembre ore 19 www.garageradio.it

I CCM sono tra quelli che hanno fatto la storia dell'hardcore italiano (già se ne è parlato qui e qui ). Non si sa di preciso se il primo vinile di questo movimento sia stato il loro primo EP o lo split Indigesti/Wretched, tanto per dare un'idea.. Se non lo sapete, sono uno dei quattro gruppi hc italiani che a metà anni 80 arrivarono a fare un tour americano (gli altri furono Raw Power, Indigesti e, più tardi, Negazione)- e potreste non saperlo, se la vostra conoscenza del fenomeno si basa su libri e documentari usciti finora (o peggio, sulle vostre letture di Rolling Stone, Noisey e della maggior parte delle webzine).
I CCM aprono al Ritz, 1986
Al momento le testimonianze pubblicate sulla storia della band si fermano all' 84 (hanno parlato Dome La Muerte, loro primo chitarrista - passato ai Not Moving e da anni coi suoi Diggers - e Vipera, loro primo batterista). Si spera che la situazione possa cambiare a breve.
Questo venerdì avrò in studio Antonio Cecchi, che dei CCM fu bassista dalle origini all'84 e chitarrista dall'84 allo scioglimento del gruppo nel giugno dell'87 (quindi, ancora per chi non lo sapesse, il guitarwork su "Into the void" è roba sua). Fu tra quel pugno di persone che nella prima metà degli anni 80 stabilirono contatti tra la scena italiana e quella americana, in particolare di San Francisco.
Ma la storia dei CCM e quella di Antonio sono anche legate a doppio filo con quella del Victor Charlie (PI), con tutto quel che ha voluto dire, a Pisa e nell'underground italiano dell'epoca.

I brani di venerdì saranno proposti da Antonio, e ne parleremo assieme a Riki Signorini (Ribelli a vita), vecchio amico e collega dai tempi di Flash, che a differenza di me continuò con le collaborazioni giornalistiche su Punkster, Dynamo e Sonic.

Antonio non se ne ricorda, ma tra fine 86 e inizio 87 li intervistai per Metal Shock. Era la mia prima intervista, l'avevo concordata con Sandro Favilli, all'epoca bassista della band; gli altri membri del gruppo non erano molto convinti, e venne una cosa un po' così, che approdò sulle pagine di Metal Shock con un ritardo di un paio di mesi, tagliuzzata, in un "buco" della rivista. Nondimeno fu il primo pezzo che parlava di hardcore su MS (recensioni a parte), e uno dei primi sulle riviste metal in Italia. Sapendo ora quel che pensa Antonio del metallo e del crossover, immagino che non dia alla cosa la minima importanza...

Maximum Rocknroll, agosto 1986


Il podcast salta un po' (tante grazie Telecom, la banda larga è come la ripresa in atto....)

Speciale HC italiano - Ospite Antonio Cecchi (Cheetah Chrome Motherfuckers) by Friday Extreme Rock Adventures on Mixcloud

sabato 24 ottobre 2015

Halloween! - Venerdì 30 ottobre, ore 21, www.garageradio.it

Nessun pistolotto su horror e rock... all'epoca ho già dato, e per la precisione su questa rivista qua, un "one shot" su richiesta di Luca Boschi (mai abbastanza citato per quel che ha fatto riguardo ai comics in Italia)



A questo giro quindi solo due scalette per Halloween, quella musicale ve la sentite venerdì sera, e non ci sarà, se qualcuno se lo aspetta, questo (che pure figura tra i miei 7'):


Sarà invece una passaggiata trasversale, molto trasversale, tra un pò di tutto ciò che fa oscuro.

L'altra è una scaletta di film, che non ha la pretesa delle tante liste che ormai girano in continuazione in rete.

Jacques Tourneur "La notte del demonio"


Fred Dekker "Dimensione terrore"


James Wan "Insidious"


Hideo Nakata "Dark Water"

Pupi Avati "L'arcano incantatore"

Peter Jackson "The frighteners"


Da ultimo, visto che ormai horror e dark da anni hanno infiltrato western e psychobilly, un consiglio: nel dubbio, seppellire in profondità (e se un morto vivente vi offre un drink, evitate di accettare...)




Halloween! by Friday Extreme Rock Adventures on Mixcloud

lunedì 19 ottobre 2015

Generazioni

Ci sono quelli per cui gli Iron Maiden sono quelli di "Somwhere in time" e quelli che rimasero folgorati dal singolo "Run to the hills" (tipo io). Ma nel caso degli Iron Maiden, se qualcuno di coloro che li avevano incontrati per la prima volta col loro sesto lp voleva procurarsi i dischi precedenti non avrebbe incontrato nessuna difficoltà.
Per altri gruppi le cose andavano diversamente. Ho ascoltato per la prima volta i Discharge con "Why", nell'84, ed era una cassetta di terza o quarta copiatura che mi aveva fatto un mio amico punk (c'erano anche Suicidal Tendencies e Misfits). Quando andai in giro a cercare dischi dei Discharge all'epoca si trovava solo "Never Again". Ho trovato "Why" ristampato in vinile solo nel 1990 o giù di lì.
Nell'88 c'erano sedicenni che impazzivano per i Cryptic Slaughter e neanche sapevano che erano esistiti i Septic Death . La musica non era concepita per durare, se non nelle collezioni di vinile degli appassionati, e la cominicazione tra i "vecchi" (venti anni e più) e i "new kids" (14-16 anni) era molto limitata.
La memoria storica dell'heavy rock underground e non era affidata alle fanzine, ai programmi radio, alle riviste con le loro retrospettive e alla rivendita di dischi usati  E ai gruppi più longevi - in questa ottica le cover, i dischi di cover e i tribute album avevano un ruolo chiaro.
Le ristampe non erano molto frequenti, anche perché parliamo di un periodo in cui le cose cambiavano molto velocemente e le novità rilevanti da far uscire o da coprire sulla stampa (professionale o amatoriale che fosse) erano davvero tante.
Verso l'89 Frontier stava ristampando parecchio punk californiano, tra cui gli Angry Samoans. Visto che era distribuita da Flying Records, i lettori di Metal Shock (o almeno quelli interessati al tema) si beccarono una retrospettiva sul gruppo di Metal Mike, e sono pronto a scommettere che nessuno di loro ne aveva mai sentito parlare prima.
L'avvento dei CD a fine ottanta portò ad un'altra mandata di riedizioni sul nuovo medium, ma un CD costava esattamente il doppio di un lp, almeno in Italia (pur avendo costi di produzione inferiori al vinile).

Così era probabile che molti dei fan dei Napalm Death degli anni novanta non avessere mai sentito parlare di Siege o Infest (e nel caso, sicuramente non li avevano sentiti), e che diversi  giovani fan del black metal all'inizio del nuovo millennio non avessero mai ascoltato "Altars Of Madness" dei Morbid Angel, o che i fan dei System Of A Down rimanessero a bocca aperta se qualcuno gli faceva scoprire gli Alice In Chains.
Certo, alla fine dei 90 esisteva già il file sharing (Napster, Gnutella), ma quando il meglio che si poteva sperare era la velocità di una connessione ISDN le cose erano decisamente più complicate.

L'avvento della rete, prima del web 2.0 ha se possibile peggiorato le cose.
Considerata la quantità di gente proveniente dalla scena hc degli 80 che è finita nel cyberpunk dei 90 la cosa è sorprendente, ma spesso la storia di quegli anni è stata "scritta" (su usenet, per esempio) da soggetti che per motivi puramente anagrafici non potevano averla vissuta. E per il metal la cosa è stata letteralmente eclatante.
Inutile dire che in Italia la comparsa di Ondarock NON ha migliorato la situazione (tuttora , nella websfera italiana, costituisce la migliore collezione di minchiate che sia mai stata raccolta in materia di hardcore ). Con wikipedia italia le cose sono andate un po' meglio per il punk e in maniera abbastanza disastrosa per il metal.

Con il nuovo milllennio la palla passa, a livello internazionale, di nuovo alle riviste tradizionali e poi alla documentaristica. Il primo passo forse viene fatto da Terrorizer, che sul numero 95 (2002) esce con un "Punk special", contenente una "top fifty" degli album punk di tutti i tempi. E ancora con i numeri 108 e 109 (2003) con un "Thrash special" in due parti.

Seguono i documentari e i libri, e qui le cose diventano più complicate.
Perché le bocce non sono rimaste ferme. Archiviati in larga parte  i fenomemi del decennio precedente, il music biz diffonde nuove mode (metalcore, emo). E queste nuove generazioni di band (e pubblico) cercano radici, arrivando anche a raccontare loro la storia dei periodi del passato che prendono come riferimento.
"Punk's not dead "di Susan Dynner ne è un'esempio. La regista, montando filmati e suo girato dal 76 al 2006 (comprendenti un'intervista a Jello Biafra - assente invece dal film American Hardcore), finisce per dare la voce a una serie di gruppi emo e pop punk che rivendicano la loro continuità con quella linea genealogica.

Nel caso dell'emo, i protagosti iscrivono al loro club i gruppi di DC della Revolution Summer dell'85, la cosa non sfugge a Ian Mackaye che in più di un'occasione nega con vigore la paternità (Guy Picciotto reagirà con un lapidario "emo è etichetta senza senso")

Ma anche con il thrash metal non si scherza. "Get Thrashed" (2006) è un documentario eccellente, con interviste a tutti o quasi i maggiori protagonisti degli anni 80... e a personaggi del metalcore che parlano di quei dischi e di quei gruppi, dichiarando la propria continuità di attitudine con loro (falso, nella maggior parte dei casi!).
Quel che è peggio, nelle interviste i giovani raccolgono gli endorsement del vecchi. E qui c'è da pensar male, cioè che la cosa sia avvenuta anche a fini promozionali (il documentario è di un collaboratore di MTV, all'epoca Jaime Jasta degli Hatebreed conduceva Headbangers Ball...). Scott Ian che incorona gli Hatebreed come i discendenti dei gruppi crossover di metà anni ottanta e Kerry King che dice "mi piacciono In Flames, Chimaira e Killswitch Engage" mettono una tristezza infinita. Per fortuna vengono concessi 40 secondi ai Municipal Waste in cui Tony Foresta riesce a dire: "Il metal? in condizioni pietose, troppi gruppi di merda in giro",

Youtube entra online nel 2005. E nel giro di pochi anni, diventa la più massiccia e gratuita mediateca del mondo. E a questo punto scoprire o riscoprire il rock del passato diventa facile, e (quasi) tutta la produzione di quasi 60 anni di rock diventa immediatamente accessibile, a portata di clic. E questo cambia tutto. 

***

Per l'orticello italiano, i componenti delle band della scena hc italiana anni 80 hanno cominciato a riprendere la parola per raccontare la loro versione delle cose perlopiù una decina di anni fa. Passato il black out degli anni novanta, alla metà dello scorso decennio i Negazione sono presenti con un loro sito, esce "Lumi di Punk", viene istampata la raccolta di TVOR... (a dire il vero l Silvio Bernelli con il suo "I ragazzi del mucchio" esce nel 2003).
E qui mi limito a fare una semplice constatazione: in "Lumi di Punk" su 241 pagine 150 vengono dedicate a Milano + Virus + Raf Punk (in "Italian hardcore punk 1980-1989" la proporzione è ridimensionata, ma si continua a percepire un certo sbilanciamento). Ora, visto che l'hc italiano NON era solo musica, ma senza musica sarebbe stato poco più di NIENTE, faccio presente che all'apice del fenomeno tra i gruppi italiani che a metà anni 80 acquistano grande notorietà nell'underground europeo ed americano non c'è tutta questa presenza milanese. Ci sono invece i Negazione e un pugno di band che provengono dalla provincia ideologicamente "disallineata".

Addendum: Giustamente Roberto Sivilia mi rimprovera l'incompletezza della bibliografia sull'hc italiano prodotta negli anni 90, e ringraziandolo integro:

-"Nel cuore della bestia - Storie personali nel mondo della musica bastarda"
   di Stefano Giaccone / Marco Pandin (Edizioni Zero in Condotta) 1996
- "Costretti a sanguinare - Romanzo sul punk 1977-1984" di Marco Philopat (Shake Edizioni) 1997
- "Ordigni - Storia del punk a Bologna"di Riccardo Pedrini (Castelvecchi) 1998
- "Come se nulla fosse - Storie di "pank" a Roma"di Roberto Perciballi (Castelvecchi) 2000


La scaletta di venerdì 23: a questo giro una scaletta completamente non a tema, così come viene





mercoledì 14 ottobre 2015

Se dal passato ti arrivano in faccia gli anni 90....

Courtesy of Manuel Toedem


In quel periodo accompagnai i Braindamage a un minifestival a Stoccarda. C'erano loro, il gruppo dell'organizzatore (un sedicenne patito di death brutal, quindi il gruppo faceva death brutal, e pure male), i Rostok Vampires (gruppo hc tedesco dell'est, molto medio, ma che fece la sua porca figura), i  Pestilence e gli Spermbirds (di gran lunga i migliori della serata, con il miglior soundcheck, tra l'altro).
Quando eravamo nei camerini durante il soundcheck degli altri, ad un certo punto si udì un boato che fece tremare le mura. Corremmo fuori, pensando che fosse crollato un muro o simili: niente di che, erano i Pestilence che facevano il check della voce. Quello, per il metal,  era il suono del nuovo che avanzava, e io non lo avevo capito.
Per quel che riguardava il metal i miei canoni di giudizio erano diventati obsoleti. Era tramontata l'età dell'oro di Metal Forces, Kerrang, era iniziato l'apogeo di Terrorizer.
Abitare un comodo territorio sonoro fatto da gruppi grunge, band hc e post hc e pensare di pretendere che il metal estremo dovesse avere nel suo DNA quei valori che erano passati dall'hc al primo thrash e al crossover era del tutto illusorio. Ma era illusorio pure che quei valori avessero davvero attecchito da qualche parte. Il Black Album dei Metallica  e il Clash Of Titans erano già state indicazioni in questo senso. I Nirvana su MTV erano stati un'altra indicazione. L'anno successivo sarebbe stato il 93: si registra "Dookie" dei Green Day che venderà dieci milioni di copie e a questo punto è tutto chiaro: qualsiasi cosa è vendibile in massa su scala globale, qualsiasi legame identario tra un genere musicale e una sottocultura di riferimento viene spezzato.
Con una notevole eccezione: quella roba lì su quella copertina lì (e non tiratemi fuori Ace Ventura, che fu una pura casualità).
Chiariamo un punto: si tratta di un'eccezione non pianificata e non intenzionale. Da una parte c'era gente che aveva capito che su growl e blast beat c'era da far soldi (e a cui bastavano le centinaia di migliaia di  unità vendute, e pure le decine di migliaia, volendo), dall'altra c'era una generazione di nati tra fine settanta e primi ottanta per cui il thrash era quella cosa spompata che era nei primi 90 (oppure le furbate dei Pantera) e in breve avrebbero visto il punk come pop da classifica. E c'era una cosa che li accomunava alle precedenti generazioni di metallari: erano bulimici (musicalmente). Da questo incontro perfetto tra domanda ed offerta è nato il fingerprint del metal dei 90 - death metal, grindcore, black metal. Da lì si è creato quel sistema di etichette indipendenti che finirà per fornire una sponda ai resti dell'hardcore, ormai metallizzati al di là di qualsiasi limite. Musicalmente è un decadere verso modelli/genere talmente standardizzati da essere a tutti gli effetti prodotto industriale, ma questo non cancella il resto.
Ancora, questo underground non è nato e vissuto per passione, ma sopratutto  perché la passione di relativamente pochi incontrava la voglia di far profitti di altri pochi, disposti a farne dove le major non sarebbero mai entrate per varie ragioni (in prims, dal loro punto di vista, scarsi volumi di vendite) - e questo lo rende molto diverso, per origini, non solo dall'hc ma anche dal thrash. Ma al di là delle origini, alla fine è sopravvissuto in varie maniere all'apocalisse del music business costituita da file sharing, streaming, web 2.0, ed è sopravvissuto anche meglio dell'underground hc. Perché i metallari sono fedeli acquirenti di musica, tutti gli altri no. E se ne è accorto pune Spotify. 
Tra l'altro, quel clima anni 90 ha fatto sì che nascesse, proprio sul metal estremo, Relapse, forse l'ultima etichetta a fare davvero A&R, che negli anni ha fatto uscire tra gli altri  Neurosis, Dillinger Escape Plan, Mastodon.

P.S. Non ho cambiato idea su quei gruppi: il gioco "più estremo, più gore, più malvagio, più nero" continua a sembrarmi del tutto meccanico, completamente privo di creatività. Del resto ogni generazione ha i suoi gruppi, e quella non era più la mia. In quella recensione stavo cercando di fermare il vento con le mani - attività futile e stupida (ma avevo 25 anni, ero un ragazzino...)

domenica 11 ottobre 2015

The Teenage Time Killers Connection - Venerdì 16 Ottobre www.garageradio.it


"Greatest Hits Vol. 1" dei Teenage Time Killers è uscito già da un po' (a fine luglio)
Fa abbastanza l'effetto di un mix tape, ok.
E' celebrativo, ok.
E' nostalgico (considerando il nuomero di veterani coinvolti e lo stile dell'operazione), ok.
E schioda - questo lo dico io.

Vediamo di riassumere l'immensa compagine del supergruppo, che è il modo migliore per farsi un quadro dell'operazione:

Voce
Reed Mullin (Corrosion Of Conformity))
Neil Fallon (Clutch)
Randy Blythe (Lamb Of God)
Clifford Dinsmore (Bl'ast!)
Jello Biafra (Dead Kennedys, Lard, Guantanamo School Of Medicine)
Matt Skiba (Alkaline Trio)
Corey Taylor (Slipknot)
Pete Stahl (Scream)
Mike “IX” Williams (Arson Anthem)
Tommy Victor (Prong, Ministry, Danzig)
Tairrie B. Murphy (My Ruin)
Karl Agell (Corrosion Of Conformity)
Phil Rind (Sacred Reich, Flotsam And Jetsam)
Lee Ving (Fear)
Tony Foresta (Municipal Waste, Iron Reagan)
Aaron Beam (Red Fang)
Vic Bondi (Articles of Faith)
Trenton Rogers(Chaotic Justice)

Chitarra
Mick Murphy (My Ruin)
Jim Rota (Fireball Ministry)
Brian Baker (Minor Threat, Dag Nasty, Junkyard, Bad Religion)
Woody Wheatherman (COC)
Greg Anderson  (Sunn .O))), Goatsnake)
Pat Smear (Germs, Foo Fighters)
Joason Browning (Evenout)
Stephen O Malley (Sunn .O))) )

Basso
Pat Hoed (Brujeria)
Dave Grohl (Scream, Nirvana, Foo Fighters)
Mike Dean (Corrosion Of Conformity)
Pat Smear (Germs, Foo Fighters)
Nick Oliveri (Kyuss, Queens Of the Stone Age, Dwarves)

Batteria
Reed Mullin (Corrosion Of Conformity)
London May (Lungfish, Samhain, Dag Nasty, Son Of Sam)

Un buon terzo dei brani potrebbe essere dei Corrosion Of Conformity se tornassero a fare hc (e la considerazione non è motivata dalla sola regia di Reed Mullin e dalla presenza piuttosto massicia di altri membri del gruppo). Due cover dei Void ("Ignorant People" e "Time to Die"), una dei Village Pistols (mai sentiti prima, "Big Money") e "Teenage Time Killer" dei Rudimentary Peni completano il quadro.
Quando è venuta fuori la notizia che Reed Mullin stava mettendo su l'operazione e che il nome veniva da un brano dei Rudimentary Peni, la mia reazione è stata chiedermi "di chi?", e quindi cercare in rete ( immagino che all'annuncio diversa gente del settore abbia detto " Ah, certo!").
Vengono descritti come gruppo anarcho punk inglese, ma Ian Glasper non li cita proprio in "Burning Britain", anche se compaiono nell'81 (probabilmente perché dopo i primi due ep si spostano sul death rock/post punk). Oddio, comparire è un termine impegnativo; vero che il  gruppo nel giro di due anni esce con due EP (di cui uno su Crass Records) e un LP; ma è anche vero che dopo 26 concerti in zona Londra e  un'intervista rilasciata per posta a una fanzine spariscono, e non per mettere a segno un colpo situazionista, ma perché il chitarrista si ritrova un tumore ai polmoni. Si rimettono in piedi verso fine ottanta e rimangono attivi per i novanta e oltre, se la storia vi interessa ve la potete leggere qui e qui. Non si trova molto altro in giro, e soprattutto niente di valido in italiano.
Gli estensori della voce "Rudimentary Peni" su wiki Italia erano palesemente a disagio a causa della mancanza di informazioni sul gruppo e il tuttologo di turno li battezza come "il gruppo
piu' importante uscito dall'anarcho punk inglese" (seriamente? ).

Ora, ci sono stati altri gruppi che dopo un ep sono spariti, ma sono rimasti nella storia del genere e da subito. Un esempio sono proprio i Void, che all'epoca (82-83) uscirono solo con tre pezzi su "Flex your head", poi con lo storico split Faith-Void e quindi sparirono sciogliendosi nell'84, lasciandosi alle spalle un Lp che doveva uscire su Touch And Go ma che non vide mai la luce, se non come bootleg.

I Void sono stati storia fin da subito e per un motivo semplice: essere sul catalogo Dischord, e perdipiù con uno split a metà col gruppo di Alec Mackaye, fratello del frontman dei Minor Threat, all'epoca non era precisamente il miglior modo per passare inosservati dall'underground internazionale.

A proposito dei Teenage Time Killers, come ho già scritto, finché era un progetto di Reed Mullin sono stati considerati dai soliti quattro gatti. Poi l'annuncio che partecipano Grohl, Blythe, Corey Taylor e Matt Skiba e boom di esposizione mediatica. Però alla fine in pochissimi, nella websfera italiana, si sono misurati sulla recensione (e in tutta la rete i più si sono persi per strada le due cover dei Void). Il punto è che si tratta di un compendio di 35 anni anni di hardcore, thrash e doom (ovvero di quello che è stato nelle corde dei Corrosion Of Conformity negli ultimi trent'anni). e non tutti possono cogliere i nessi. Una piccola perla significativa proviene da una delle poche recensioni italiane:
 "Volete fare i fighi e ascoltare una hardcore punk band revival? Bypassate questi senza alcun rimpianto e ascoltatevi gli Iron Reagan."
Da cui si ricava che ascoltare hardcore farebbe figo, e che chi scrive ha cognizione limitata dell'argomento (ovverro, di hc non capisce una mazza, se cita gli Iron Reagan come un revival hc).

Passiamo a cose più serie.Questo "loose punk metal collective" ha debuttato dal vivo il 12 settembre a L.A. , al Fonda Theatre. E veramente l'ha giocata sul nostalgico::

"La serata è passata come una jam session con una band residente di prima categoria, con un carosello di vocalist che si è aperto la strada ruggendo attraverso circa 50 pezzi, includendo sia brani originali dei Teenage Time Killers che cover rappresentati ogni generazione di heavy music, includendo pezzi di pionieri del punk e del metal come Bad Brains, Celtic Frost, Misfits e Cro Mags. Il frontman degli Articles Of Faith, Vic Bondi, si è tolto gli occhiali e aggirandosi per lo stage ha cantato una roca versione di Tv Eye degli Stooges, Fallon si è distinto in una versione accelerata di Kick Out The Jams degli MC5, e la vocalist dei My Ruins, Tarrie B. Murphy ha guidato la carica in una viscerale cover di Touch Me I'm Sick dei Mudhoney... Foresta ha fatto impazzire il pubblco quando il gruppo ha suonato il primo minuto di Raining Blood"

Se portano in giro il carrozzone di questo show, anche con solo Pete Stahl e Tony Foresta, non me lo vorrei proprio perdere. E diciamo pure che questa è in qualche modo la prima recensione di disco apparsa finora su questo blog - ed è un'eccezione.

La scaletta: un po' di lavoro sulle connessioni di "Greatest Hits Vol 1", poi novità hc, extreme metal e così via...


sabato 3 ottobre 2015

Una strada che porta a Jane Doe - ore 21 venerdì 9 ottobre www.garageradio.it

In contesti che (spero) molti di voi non frequenteranno mai, una delle "buzzwords" (termine poco traducibile) circondate dal maggior alone mistico è "thinking out of the box". Starebbe a significare pensare al fuori degli schemi consolidati, uscendo dai solchi già tracciati..
Considerate il tema di questo blog e vi renderete conto che "uscire dal solco" ha portato ai maggiori balzi in avanti nella ormai cinquantennale stori del rock, e in particolare di quello duro ed estremo.
Esiste un "solco fuori dai solchi", una strada ideale e divergente che percorre la storia del rock, anzi, ne esistono probabilmente diverse.Le strade meno trafficate tra quelle meno trafficate.

Le avanguardie "sperimentali" sviluppatesi dai nuclei delle sottoculture rock non sempre hanno avuto vita facile, né rapporti semplici con la loro scena di provenienza. Non è un tema semplice. Ma il fatto che le sottoculture rock, diffuse o meno diffuse che fossero, abbiano avuto ognuna un carattere identitario dovrebbe apparire come dato del tutto scontato. E il carattere identitario è più forte quanto meno è estesa la sottocultura (pensate a punk, metal, hardcore - mi guardo bene da inserire nel ragionamento l'emo, che è una cosa abbastanza a sé). La cosa ha tra l'altro a che vedere non poco con l'età evolutiva degli individui: non si diventava punk o metallari o dark dopo i vent'anni: la cosa succedeva nell'adolescenza, e il rapporto che si crea in quegli anni con un frame culturale è costitutivo della personalità adulta, quindi fondante (sicuramente sono stati scritti fiumi di inchiostro su riviste di psicologia e sociologia al riguardo).
Questo fatto, nella mia modesta opinione, sta alle base di tanta fenomenologia delle sottoculture rock.
Pensate alle constestazioni delle band punk 77 diventate rockstar (Clash su tutti)
Pensate alla categoria "true metal", che venne fuori nei primisimi ottanta come reazione all'invasione del glam metal ("a kind of reinvented pop", nella felice definizione of Bobby "Blitz" Ellsworth), e prima dell'opposizione tra thrashers e "posers".


Ecco, la faccenda identitaria ha senz'altro una serie di lati positivi ma anche alcune serie controindicazioni.
Il più importante degli aspetti positivi è che la sottocultura nasce (e la  nuova identità si crea) attorno ad un' innovazione musicale rispetto ai canoni precedenti.
La più seria delle controindicazioni è la resistenza all'evoluzione dei nuovi canoni musicali inizialmente stabiliti dalla sottocultura di riferimento (l'esempio più eclatante al riguardo sono state le frange "conservatrici" dell'hardcore).

Una veloce carrellata di episodi e situazioni.

New York era stata la capitale del punk USA, nei 70. A fine settanta dal punk si evolve la scena No Wave, e i Fear, nella loro famigerata esibizione al Saturday Night Live cantano: "New York va bene -se ti piacciono i sassofoni" .



Nel metal dei primissimi ottanta la progressione verso la velocità lasciava indietro cospicue frange di pubblico. Chi pur amando Maiden e Saxon rimaneva attaccato a Purple e Zeppelin non digerì i Venom. I Raven? Un gruppo punk. "Kill 'em all"? Troppo punk, batteria quasi D-Beat. I Voivod di "War and Pain"? Non certo un gruppo metal.

1983: i Black Flag escono con "My War" e Tim Yohanan su Maximumum RocknRoll lo liquida dicecendo "Suona come i Black Flag che imitano gli Iron Maiden che imitano i Black Flag in una giornata nera".

I Victim's Family vengono contestati  perché non vogliono attenersi agli standard "thrash".

I Botch? Rapporto conflittuale con la scena hc fin da subito.

I Converge passano dal giocare con riff presi agli Slayer al sound di "Jane Doe" e il loro pubblico si divide in due "I fan dei Converge generalmente cadono in un delle due categorie: quelli che adorano tutto fino a Jane Doe (2001),  e quelli che idolatrano quell'album e i due successivi. In effetti Jane Doe segna il punto in cui i Converge passano da rumorosi hardcore kids influenzati dal thrash a titani del noise-thrash influenzati dall'hardcore (Aaron Burgess, Axe to Fall review, Revolver, December 2009, p. 85.)

All'avvio del nuovo millennio critica e pubblico hanno giustamente acclamato Converge, Botch e Dillinger Escape Plan come grandi innovatori. Ed è stato coniato il termine mathcore (l'ennesima etichetta).
Senza niente levare a questi tre gruppi, la loro musica sarebbe stata immaginabile se negli anni 80 non ci fossero stati Voivod, Butthole Surfers e Naked City?

La scaletta: un'itinerario verso "Jane Doe" a partire dagli anni sessante.

Una strada che porta a Jane Doe - A road leading to Jane Doe by Friday Extreme Rock Adventures on Mixcloud

giovedì 1 ottobre 2015

Cover! - venerdì 2 ottobre ore 17 www.garageradio.it

Era un po' che ci pensavo, e quindi arriva una puntata a di FERA a base di cover.
Se c'è un qualcosa che è connaturato al rock, è proprio la cover. Tralasciando il riciclo di materiali altrui su scala industriale del rock and roll tra i 50 e i primissimi 60,  fateci caso: dal vivo uno dei cavalli di battaglia dei Cream era "Spoonful" (di Howling Wolf); uno dei brani più famosi di Hendrix è la sua versione di "All along the watchtower" di Bob Dylan (si può dire che Hendrix avesse il vizio di prendere brani di Dylan e rendere le sue versioni più famose degli originali, vedi "Like A Rolling Stone"). Molti conoscono "Am I Evil" fatta dai Metallica, molti meno conoscono il brano originale dei Diamond Head.
Insomma, nelle cover non c'è proprio niente di male, anzi. Sono divertenti, perché il pubblico di solito le riconosce, sono l'occasione per reinterpretare o svecchiare materiale apparentemente datato e adattarlo ai gusti propri o a quelli del momento. Sono un'occasione per dimostrare il proprio talento reinterpretativo (se c'è).

Inciso: le tribute band  sono un'altra cosa. Se ne discute a cadenze regolari, sui social, ma non ho ancora trovato qualcuno che si faccia la domanda essenziale: perché il fenomeno è rilevante sopratutto in Italia?
E perché riguarda l'arco che va dai Pooh ai Metallica, ma non ha toccato il piccolo giro dell'hc punk? (questa domanda se la dovrebbero porre in molti, in area metal - e la risposta è semplice).

Sono affezionato a diversi dischi di cover: "Undisputed Attitude" degli Slayer, "Garage Days" dei Metallica, "Pajama Party" dei Poison Idea..
Ma su tutti c'è un tribute album, "Virus 100", indimenticabile omaggio ai Dead Kennedys contenente cover con interpreti che vanno dai Napalm Death ai Faith No More. Uscì nel 1992, cioè due anni prima dell'uscita di "Dookie" dei Green Day (e della contestuale morte del punk, secondo alcuni). Tra fine 80 e primi 90 la Alternative Tentacles stava vivendo un bel periodo: Nomeansno, Victims Family, Neurosis, i progetti di Jello Biafra con Nomeansno e DOA - tutti dischi memorabili. "Virus 100" è come il corollario di questa fase, testimonianza un periodo di notevole creatività - vedere la cover di "Forward to death" rifatta dai Nomeansno - a cappella


(nello stesso periodo è in piena attività la prima versione della Rollins Band,  ed Henry Rollins le cover non se le è fatte mancare: dagli AC/DC ai Suicide, passando per Pink Fairies, Velvet Underground e Louis Prima....)

Un altro paio di album tributo:  Case closed? an international tribute to Husker Du 1994 (c'erano tra gli altri Sick Of It All, Big Drill Car e Upset Noise) e "Rise Above: 24 Black Flag Songs to Benefit West Mephis Three," le cui vendite andarono a finanziare le spese di difesa dei tre di West Mephis .Con la terza edizione della Rollins Band agli strumenti, cantano in tanti , da Kira Roessler a Keith Morris, da Iggy Pop a Exene Chervenka, da Lemmy a Tom Araya.