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giovedì 28 marzo 2019

La mia impressione su Fatal Report - Venerdì 29 marzo ore 20.30 garageradio.eu

Ha senso parlare di un libro a cui si è collaborato?
Lì per lì avevo pensato: come no, Ceccamea ha interpellato l'universo mondo, il mio pugno di contributi sarà solo una tra tante voci. Non avevo la più pallida idea di come era venuta fuori la cosa, neanche sapevo chi aveva contribuito, solo qualche nome. Poi il libro mi è arrivato e ho scoperto di non essere uno dei tanti nel coro, ma uno dei solisti. Quindi la cosa è un po' più complicata, ma è ancora possibile parlarne senza scivolare nell'autorecensione.
In primo luogo ci sono una serie di cose che mi ha fatto piacere scoprire: che al concerto degli Slayer al Palatrussardi dell'87 ero l'unico collaboratore (presente o futuro) di riviste metal ad essere nel pit (beh, in realtà la platea era quasi soltanto pit, quindi...), a quanto pare, e che Luca Signorelli arrivando tardi se ne perse metà. Ho scoperto quanto è più vecchio di me Della Cioppa (non molto, ma ho sempre pensato che fossimo coetanei o giù di lì). Mi ha fatto piacere leggere Maiorino che racconta di essere andato a vedere Danzig  a Atlanta, e che nell'appendice del concerto, fatta di pezzi dei Misfits dice di aver per la prima volta capito l'hardcore punk, lui, che mai si era interessato al genere. E ovviamente sono stato catturato dai vari racconti della discesa in Italia degli Iron Maiden nel 1980, e dal ricordo di un concerto di Motorhead a Stoccarda nell 83 raccontato da Andrea Signorelli.
E' un libro corale, solisti o meno, molto corale. Forse davvero riesce a raccontare il metal in Italia attraverso i concerti, ma nel senso che racconta i metallari (e bene o male anche gli autori delle riviste che leggevano e leggono tuttora).
E devo dire che dal mio punto di vista in questa storia corale la cesura tra gli anni 80 e i decenni successivi si percepisce, e molto bene. Forse le bottiglie contro Dave Mustaine del 96 discendono dagli sputi contro i Dokken dell'86  - o da quelli contro Joan Jett di spalla agli Scorpions nell'84, a Firenze, che non sono finiti nel libro. Forse.
Ma si capisce come, alla fine dei conti, i 90 e 2000 siano più vicini tra di loro di quanto non siano vicini agli anni 80.

PS: Nell'ultima pagina sono in rilievo tra quanti ringraziati dal Ceccamea, ma io devo ringraziare Manuel Toedem con il suo archivio di Flash, che ha aiutato a ricostruire nella mia memoria il Monsters Of Rock del 91. Un  paio di righe extra libro al riguardo:
40.000 presenti, e se si considera che lo "zoccolo duro" del metal (quelli che compravano i dischi) era di circa 20.000 persone, i conti non tornavano. Il metal in Italia stava diventando attraente, se non proprio fashionable, e forse è esattamente questo quel che segna la svolta tra gli 80 e i 90. Alla Barley Arts, che organizzava l'evento, pareva che la stampa fosse considerata un'inutile scocciatura. La cosa fece saltar la mosca al naso anche ad un di solito calmissimo Della Cioppa, che su Flash se ne lamentò a voce alta e chiara. (quando seppi che la sera prima del festival erano stati rubati molti di quegli accrediti che avevano così pervicacemente lesinato, non posso dire che la cosa mi dispiacque.). E comunque alla Barley andò di lusso: organizzazione carente, serivizi sottodimensionati (forse si aspettavano 20-30000 persone) e nessun incidente. Insomma, in Italia Live Nation non si è inventata niente, come modello di business.

Negazione, Monsters Of Rock 91 - Marco Mathieu in uno splendido scatto di Vittorio Catti



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