A priori avrei detto che i Destrage non fossero particolarmente cari al pubblico toscano della musica dal vivo, e avrei sbagliato. Il Cycle non era certo sold out, ma ad occhio e croce ci saranno state più di un centinaio di persone. Fascia di pubblico tra i venti e e i trenta, direi - un pubblico di millennials, senza gran concentrazione delle tribù più classiche, ma indubbiamente orientato verso il metal e cresciuto con quello andato per la maggiore negli ultimi vent'anni (chissà se la platea del club per Destruction e Nervosa, il prossimo due febbraio, sarà la stessa).
I Destrage sono preceduti da Welcome Aliens (un alt rock in italiano, con buone dosi di hip hop nel cantato) e da Human Tornado (stoner emiliano, pestano duro). Inutile dire che, quando arrivano sul palco, sono i milanesi i veri alieni della serata. Per quanto il sound dei loro album sfugga a facili etichettature, dal vivo, con l'attuale scaletta, l'impressione generale è riconducibile a quella di un gruppo mathcore.
Un chitarrista con barba hipster, l'altro con taglio di capelli alla K.Cobain, decolorati a metà, batterista alt-metal coi dread, un deathster al basso - Paolo, ne sia consapevole o meno, sta sul palco come un frontman HC. Il tutto è molto post-qualcosa (probabilmente post-post-qualcosa), come la loro musica che ha però, al di là dell'altissimo contenuto tecnico, alcune carattestiche di valore universale: impatto, identità propria, personalità - e le ultime due qualità sono merce piuttosto rara, oggi come oggi.
Nonostante l'acustica del locale non sia precisamente l'ideale, per quel che propongono, riescono a far uscire dall'impianto il loro intricato guitarwork in maniera piuttosto nitida.
Attaccano il loro set con "Don't stare at the edge", dal loro ultimo lavoro, e vanno avanti principalmente con pezzi da "A means to no end" e "Are you kidding me? No" ("Symphony of the ego","Purania", "My green neighbor", tra le altre).
Il pubblico, per quanto parecchio fermo, dimostra il proprio apprezzamento: slamming e crowdsurfing non sono nel suo DNA, evidentemente, o comunque non li associa a questo tipo di musica.
I Destrage dopo dieci anni e dopo aver visto posizioni abbastanza alte nelle varie chart in giro per il mondo sono a questo punto, in Italia. Sembrano soddisfatti della propria attuale condizione, ma mi viene da pensare che in altri tempi la parte ascendente della loro parabola avrebbe potuto portare più in alto e più velocemente.
Ho fatto una chiaccherata con i due chitarristi Ralph Guido Salati e Matteo di Gioia (che sembrerebbero, rispettavamente, l'anima prog e quella math del gruppo) e ve la proporrò nella trasmissione del 23.
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