Con i Testament ho una qualche familiarità, sin da quando si chiamavano Legacy e avevano Steve Zetro Souza alla voce. Ricevetti il loro demo, assieme a un paio di flyers e a una sleevless t-shirt, bianca, esattemente con lo stesso artwork di questo flyer d'epoca (gli occhi del teschio erano rossi, un tocco di classe). Li ho visti per la prima volta a Reggio, di spalla agli Anthrax, nell'ottobre 87 (grande concerto), e li intervistai per Metal Shock. Alex Skolnick conosceva e apprezzava i Raw Power, ma pensava che fossero di SF. Rimase piuttosto stupito sapendo che venivano da un paesone a non molti chilometri da lì.
Era appena uscito The Legacy, disco che in larga parte riproponeva il materiale del demo dei Legacy, ma era entrato Chuck Billy alla voce per rimpiazzare Souza passato agli Exodus.
Nell'88 uscì The New Order e sembrò abbastanza chiaramente che i Testament non si sarebbero mossi gran che dal suono che avevano impostato fin da tre anni prima. Errore. Era il periodo in cui le major per cui i gruppi thrash avevano firmato presentarono il conto. Practice what you preach suonava decisamente più mainstream , rispetto ai suoi predecessori. Su quel disco c'era The Ballad, una ballata, appunto, per cui fu girato un video (assolutamente imbarazzante) che finì in rotazione su MTV.
Un bel crollo, rispetto all'immagine che il gruppo aveva un anno prima.
Col successivo Souls Of Black le cose dal mio punto di vista non migliorarono. Rividi il gruppo allla data fiorentina del Clash Of Titans, un disastro. Poi arrivò il deccennio perduto dei gruppi thrash etc etc (e per una generazione i Testament saranno quelli di The Gathering, il che volendo è pure piuttosto triste).
In tutta onestà i loro lavori del nuovo millennio, pure se i riferimenti al suono originario non mancavano, non mi hanno esaltato. Ma anche quelli sono stati "i dischi dei Testament", per una generazione. E la scaletta pubblicata in rete per questo tour 2016 non lasciava spazio a troppe illusioni: per più di due terzi materiale post 88. E questo è il film che sarebbe andato in scena al The Jungle di Cascina, poco da illudersi. Ma....
Arrivo in zona verso le 20.30 (sapete com'è, si lavora ) e c'è qualcosa che non torna. Auto parcheggiate ai margini della traversa della Tosco-romagnola fino all'incrocio con la statale. Arrivo al parcheggio ed è pieno come un uovo, il che vuol dire affluenza alta ed inattesa. Mi sono perso i cascinesi Rusty Nails e mi sento lo scorcio finale dei Runover dalla fila per la biglietteria, piuttosto lunga e a scorrimento lento.Gli hanno arrangiato male i suoni, ai Runover, troppi bassi, decisamente .
Quando riesco ad entrare hanno finito e comincia la lunga attesa per i Testament, che inizieranno a suonare dopo le dieci. Il Jungle è pieno come mai prima per un concerto, del resto c'è gente venuta da mezza Toscana e oltre (la precedente data dei Testament è stata a Roma, la terza e ultima sarà a Segrate). Avendo letto il report del Cecca su Sdangher inerente la data romana, pensavo che avrei visto un concerto fotocopia di quello raccontato. Non è andata precisamente così, anche se il copione è stato in larga parte lo stesso.
Quando infine i Testament, invocati a gran voce dal pubblico sotto il palco, entrano in scena e attaccano con Over The Wall sono subito chiare le coordinate del concerto. La band, costituita dai tre componenti storici a voce e chitarre, appoggiati da due professionisti di livello altissimo come Di Giorgio al basso e Gene Hoglan alla batteria, è in forma smagliante. Su tutti Skolnick, che sul palco è in assoluto il più dinamico e gioca a fare il guitar hero, ad occhio e croce divertendosi un sacco. E' il divertimento evidente nel giocare alla prima donna che, unito al suo virtuosismo, rende la sua performance magnetica. In ogni pezzo sono i suoi soli a costituire l'elemento vivo e assolutamente scintillante. I brani più vecchi vengono annunciati da Chuck Billy come "something old school". E' così che viene introdotta, ad esempio, The Haunting. Per me i Testament sono sempre stati quelli di questo brano: impatto e intrecci di chitarre, così caratteristici. Sempre per quel che riguarda il tag "old school", Billy ricorda gli esordi del gruppo nella Bay Area, all'inizio del movimento thrash, quando suonavano in posti come il Ruthie's Inn, dove le prime file erano costituite da "crazy motherfuckers" che facevano slamming, stage diving, crowd surfing. Ed è così che, dedicata a loro e a quelli che sono sotto al palco stasera, parte Into the Pit. E il pit, fino a quel momento di dimensioni ridotte, parte sul serio, allargandosi a dismisura. Ma niente circle pit, e niente crowd surfing, neanche un accenno, per tutta la serata.
Di Giorgio si produce esattamente nel medesimo sipariettoinitalianocolporcoddio in cui si è esibito a Roma. Pare che questo moccolo costituisca il 30-60% del vocabolario italiano dei gruppi thrash USA - stessa cosa l'anno scorso coi Nuclear Assault all'United As One 2, con relativo strascico il giorno dopo sui giornali locali (al DLB Jack Grisham dei TSOL invece si è prodotto in un "tortellini e pompini per tutti").
I Testament concludono un set di un'ora e passa con Alone In The Dark, dilatata per far spazio al singalong. Richiamati sul palco per un bis, offrono The Formation of Damnation. Una serata di corna al cielo ed entusiasmo che la band, come se vivesse una seconda giovinezza, si è meritata al 200%.
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