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mercoledì 11 febbraio 2015

Blues Legacy Capitolo II - Venerdì 13 Febbraio ore 21 www.garageradio.it

Alla fine, tutto risulta collegato. Nel precedente post ho inserito la scena di Seattle degli anni 80 in una generale tendenza al recupero del passato in atto in quegli anni. Iin realtà non è che sia una bizzarra teoria del sottoscritto, ma è anche l'idea di almeno uno dei protagonisti di quella scena (Jack Endino, che vede quel sound come una prosecuzione dell'hard rock dei '70, che incorporava influenze garage dei '60 e punk di fine '70-primi '80).
E  infatti nella seconda metà degli anni ottanta tra l'altro inizia un rinnovata attenzione verso il blues.  Jimmy Page, dopo essersi tenuto fondamentalmente a distanza dalla trascurabile riunione degli Yardbirds (Box of frogs) se ne esce con un gran disco, Outrider (1988), con ben poche concessioni al rock da classifica e nessuna traccia di pop (la deriva pop è stata la cifra di quasi tutti i gruppi "storici" nei primi anni 80, basta pensare a quanto fatto dai reduci del prog).
Rory Gallagher si lascia alle spalle l'approccio più hard rock di fine 70- inizio 80 per tornare a un pieno equilibrio tra rock e blues (Defender, 1987).
Gary Moore si butta a recuperare il blues (Still got the blues, 1990) a modo suo, abbastanza radio friendly . Ma mai radiofonico quanto  Jeff Healey (See the Light, 1988), che godette di una massiccia rotazione su MTV.
Nasce a nuova vita John Lee Hooker, che grazie a una serie di collaborazioni mette a segno almeno un album assolutamente memorabile (The Healer, 1989).
I Masters Of Reality  debuttano nell'88 con un album omonimo intriso di blues - Chris Goss, il loro leader, raggiungerà una certa fama nel decennio successivo grazie alla sua partecipazione nella scena di Palm Desert.
Gli oggi praticamente dimenticati Raging Slab debuttano su major (RCA) nel 1989 proponendo invariato il loro southern rock appesantito ma costruito su blues e slide guitar.

C'è pure chi, annusando l'aria, decide di provare a cavalcare il trend.
E' il caso di Jake E. Lee che, licenziato da Ozzy Osbourne (anzi, da sua moglie), recupera Ray Gillen (defenestrato dai Black Sabbath in piena crisi di identità) per  mettere su i Badlands: escono con un LP omonimo nel 1989 e la cosa, grazie ai suoi tentativi di clonazione del sound dei Led Zeppelin, provocherà un certo chiaccericcio su una improbabile "rinascita dell'hard rock blues" . Ma Jake E. Lee riusciva ad essere solo piattamente scolastico, anche quando impugnava una National Steel Guitar.
Diversa la vicenda di un'altro animale da classifica, John Sykes (ai tempi dei Tygers Of Pan Tang aveva dichiarato "Farei qualsiasi cosa per il primo posto in classifica o per essere a Top of The Pops"). Si ritrova nel supergruppo Blue Murder, e il singolo dell'omonimo album di debutto (1989) è decisamente bluesy ("Jelly Roll"), per quanto accompagnato da un video esattamente in linea con le vette del kitsch (e del ridicolo) raggiunte dagli Whitesnake nell'87 (quando c'era lui alla chitarra).


In area punk i Gun Club all'inizio del decenio avevano mescolato punk e blues, e poco dopo due ex Big Boys (gruppo hc) avevano seguito il loro esempio fondando i Poison 13; più avanti nel tempo gli ex Dicks diventano i Sister Double Happiness (il loro primo e monimo album è del 1988).
Ma sopratutto un'icona del punk e dell'hc americano come Glen Danzig cambia formula e tira fuori un mix di hard rock, blues, metal e atmosfere gotiche con la sua nuova creatura, Danzig, che debutta nel 1988 su Def Jam, prodotta di Rick Rubin. Le influenze blues, ben evidenti nell'album di debutto, diventeranno eclatanti in Lucifuge (1990). Quanto alla Rollins Band.... ne parleremo diffusamente in futuro.

Quindi nei primi anni novanta sono in molti a volersi confrontare col blues e suoi classici. E a questo proposito voglio portare alla vostra attenzione l'incredibile quantità di hype che costruisce la figura di Ben Harper. Io l'ho visto dal vivo non mi ricordo quando in quel decennio e non mi disse gran che, anzi quando si buttò in una sua versione di "Voodo child" pensai che avrebbe fatto meglio ad evitare: per affrontare certe cose devi possedere una buona dose di fuoco sacro - se ne sei sprovvisto, meglio desistere...
Considerazioni applicabili pari pari alla sua cover (piuttosto molle) di "When the levee breaks", e questo nonostante la mia immensa stima per Charlie Musselwhite.




Questa invece è l'incredibile versione di un grande, scomparso troppo precocemente:



Del resto, John Campbell (1952-1993) aveva una vocazione letteralmente leggendaria.
Questa intervista fu fatta e trasmessa da MTV Italia. Avevano mandato a intervistare Campbell un tipo che aveva una preparazione in materia di blues del tutto paragonabile alla mia in materia di musica indiana tradizionale.
Infatti l'intervistatore gli dice "Che chitarra splendida! Non ho mai visto niente del genere in vita mia" (cioè, non sa che esistono le National Steel Guitar, non ne ha mai vista una prima e sta intervistando uno dei più grandi bluesman bianchi viventi - impagabile). Ma questa non è una National Steel Guitar qualsiasi. E John Campbell racconta la sua storia...

Ecco la traduzione:
"Si questa chitarra ha una storia. Questa è una National Steel Guitar fatta nel 1934 . Il grande Lighting Hopkins ha suonato proprio questa chitarra. Doc John mi ha raccontato di aver visto questa chitarra a Houston, Texas, nel negozio dove l'ho presa. I musicisti blues si radunavano in strada e se la passavano suonandola a turno.. Io stavo andando a prendere una chitarra fatta su misura per me, quindi presi un'altra chitarra. Ma avevo visto questa in un angolo.Ho guidato fino a casa mia, centosessanta miglia, in campagna, ma durante tutta la strada pensavo a quella vecchia chitarra. Arrivai a casa e sai, pensai di aver fatto uno sbaglio, pensai di aver preso la chitarra sbagliata. Ebbene il giorno dopo tornai indietro, mi raccontarono la storia di Lightingh Hopkins e di questa chitarra e la presi."


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