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sabato 30 luglio 2016

Testament @The Jungle, Cascina (PI), 29 luglio

Con i Testament ho una qualche familiarità, sin da quando si chiamavano Legacy e avevano Steve Zetro Souza alla voce. Ricevetti il loro demo, assieme a un paio di flyers e a una sleevless t-shirt, bianca, esattemente con lo stesso artwork di questo flyer d'epoca (gli occhi del teschio erano rossi, un tocco di classe). Li ho visti per la prima volta a Reggio, di spalla agli Anthrax, nell'ottobre 87 (grande concerto), e li intervistai per Metal Shock. Alex Skolnick conosceva e apprezzava i Raw Power, ma pensava che fossero di SF. Rimase piuttosto stupito sapendo che venivano da un paesone a non molti chilometri da lì.
Era appena uscito The Legacy, disco che in larga parte riproponeva il materiale del demo dei Legacy, ma era entrato Chuck Billy alla voce per rimpiazzare Souza passato agli Exodus.
Nell'88 uscì The New Order e sembrò abbastanza chiaramente che i Testament non si sarebbero mossi gran che dal suono che avevano impostato fin da tre anni prima. Errore. Era il periodo in cui le major per cui i gruppi thrash avevano firmato presentarono il conto. Practice what you preach suonava decisamente più mainstream , rispetto ai suoi predecessori. Su quel disco c'era The Ballad, una ballata, appunto,  per cui fu girato un video (assolutamente imbarazzante) che finì in rotazione su MTV.




Un bel crollo, rispetto all'immagine che il gruppo aveva un anno prima.





Col successivo Souls Of Black le cose dal mio punto di vista non migliorarono. Rividi il gruppo allla data fiorentina del Clash Of Titans, un disastro. Poi arrivò il deccennio perduto dei gruppi thrash etc etc (e per una generazione i Testament saranno quelli di The Gathering, il che volendo è pure piuttosto triste).

In tutta onestà i loro lavori del nuovo millennio, pure se i riferimenti al suono originario non mancavano, non mi hanno esaltato. Ma anche quelli sono stati "i dischi dei Testament", per una generazione. E la scaletta pubblicata in rete per questo tour 2016 non lasciava spazio a troppe illusioni: per più di  due terzi materiale post 88. E questo è il film che sarebbe andato in scena al The Jungle di Cascina, poco da illudersi. Ma....

Arrivo in zona verso le 20.30 (sapete com'è, si lavora ) e c'è qualcosa che non torna. Auto parcheggiate ai margini della traversa della Tosco-romagnola fino all'incrocio con la statale. Arrivo al parcheggio ed è pieno come un uovo, il che vuol dire affluenza alta ed inattesa. Mi sono perso i cascinesi Rusty Nails e mi sento lo scorcio finale dei Runover dalla fila per la biglietteria, piuttosto lunga e a scorrimento lento.Gli hanno arrangiato male i suoni, ai Runover, troppi bassi, decisamente .
Quando riesco ad entrare hanno finito e comincia la lunga attesa per i Testament, che inizieranno a suonare dopo le dieci. Il Jungle è pieno come mai prima per un concerto, del resto c'è gente venuta da mezza Toscana e oltre (la precedente data dei Testament è stata a Roma, la terza e ultima sarà a Segrate). Avendo letto il report del Cecca su Sdangher inerente la data romana, pensavo che avrei visto un concerto fotocopia di quello raccontato. Non è andata precisamente così, anche se il copione è stato in larga parte lo stesso.
Quando infine i Testament, invocati a gran voce dal pubblico sotto il palco, entrano in scena e attaccano con Over The Wall sono subito chiare le coordinate del concerto. La band, costituita dai tre componenti storici a voce e chitarre, appoggiati da due professionisti di livello altissimo come Di Giorgio al basso e Gene Hoglan alla batteria, è in forma smagliante. Su tutti Skolnick, che sul palco è in assoluto il più dinamico e gioca a fare il guitar hero, ad occhio e croce divertendosi un sacco. E' il divertimento evidente nel giocare alla prima donna che, unito al suo virtuosismo, rende la sua performance magnetica. In ogni pezzo sono i suoi soli a costituire l'elemento vivo e assolutamente scintillante. I brani più vecchi vengono annunciati da Chuck Billy come "something old school". E' così che viene introdotta, ad esempio, The Haunting. Per me i Testament sono sempre stati quelli di questo brano: impatto e intrecci di chitarre, così caratteristici. Sempre per quel che riguarda il tag "old school", Billy ricorda gli esordi del gruppo nella Bay Area, all'inizio del movimento thrash, quando suonavano in posti come il Ruthie's Inn, dove le prime file erano costituite da "crazy motherfuckers" che facevano slamming, stage diving, crowd surfing. Ed è così che, dedicata a loro e a quelli che sono sotto al palco stasera, parte Into the Pit. E il pit, fino a quel momento di dimensioni ridotte, parte sul serio, allargandosi a dismisura. Ma niente circle pit, e niente crowd surfing, neanche un accenno, per tutta la serata.
Di Giorgio si produce esattamente nel medesimo sipariettoinitalianocolporcoddio in cui si è esibito a Roma. Pare che questo moccolo costituisca il 30-60% del vocabolario italiano dei gruppi thrash USA - stessa cosa l'anno scorso coi Nuclear Assault all'United As One 2, con relativo strascico il giorno dopo sui giornali locali (al DLB Jack Grisham dei TSOL invece si è prodotto in un "tortellini e pompini per tutti").
I Testament concludono un set di un'ora e passa con Alone In The Dark, dilatata per far spazio al singalong. Richiamati sul palco per un bis, offrono The Formation of Damnation. Una serata di corna al cielo ed entusiasmo che la band, come se vivesse una seconda giovinezza, si è meritata al 200%.

giovedì 21 luglio 2016

Adolescents @K100: le foto

Quattro scatti della memorabile serata del 19 luglio organizzata da Underdogs Collective al K100 di Campi Bisenzio, a dimostrazione che quando qua si parla di bolgia e rovina non si tende ad esagerare. Pics by Palmizio (Stefano Cantini). Altri scatti qua, visto che nel gruppo in trasferta guidava Riki Signorini (e ci sarebbe stato anche Antonio Cecchi, se non fosse stato messo KO dal jet lag).





mercoledì 20 luglio 2016

Adolescents @K100, Campi Bisenzio, 19 luglio

Mai visto tanto casino in un bagno turco. Ma andiamo con ordine.
La data degli Adolescents al K100 di Campi Bisenzio è venuta fuori all'ulttimo momento,  è venuta fuori di martedì ed è riuscita in modo assolutamente spettacolare, nonostante tutto, tanto da stupire quelli dell' Underdogs Collective che l'hanno messa su.
Arrivando in una delle tante strutture industriali dismesse della piana, dove il centro sociale è insediato, ci rendiamo conto che l'affluenza è davvero alta. I cinque euro di ingresso e l'atmosfera del centro sociale sono un autentico flashback: veramente si potrebbe essere al Macchia Nera nell'88. Oltre ai locali c'è gente venuta da Pisa e da Lucca, la fascia di età appare ampia, dai 18 ai 50.
Il resede del K100 è strapieno, la sala dei concerti, al chiuso,  una sauna dove i Kerosene hanno appena finito di suonare. Due ventilatori al soffitto sono già insufficienti con la sala mezza vuota, il che non fa presagire niente di buono per quando gli Adolescents entreranno sul palco (basso) del centro.
Come convivono i membri 50enni della band con il proprio nome? Ad occhio e croce neanche si pongono il problema. Entrano in scena, attaccano, e sono veramente maximum rock'n'roll. E nella stanza dei concerti, talmente piena che ci si muove a fatica, parte la bolgia, quella vera. Pit indiavolato, crowd surfing in continuo.E questo nonostante il calore al limite della sopportabilità, ed un impianto un po' così.
E' in questo modo che viene fuori un grande concerto hc, con una grande band sul palco ed un pubblico altrettanto grande.  Se si aggiunge la data messa su in fretta e furia che raccoglie una quantità inaspettata di gente, l'evento è veramente molto, molto hc nello spirito vecchia scuola.
Tony si stupisce "Non l'avrei detto, per un martedì sera" . Ma con lo scorrere del loro set il calore davvero diventa insopportabile, e la band ha bisogno di un break. Dopo averlo annunciato però partono con "Amoeba", ed il gruppo deve arretrare perché dal pit traboccano sul palco in un' ultima folle rovina prima dell'intervallo.
La sala si svuota lentamente e a fatica, la gente gronda sudore e anela disperatamente ad aria respirabile.
C'è tutto il tempo per riprendere fiato, poi dall'interno arrivano le note di "No Way" e la sala si riempie di nuovo. Ma la tensione è scemata, il caldo ha stremato i presenti e il tono del pubblico è ovviamente calato. Però quando gli Adolescents chiudono il loro show con "Kids Of The Black Hole"  è come se la gente davanti al palco avesse avuto un'ultima massiccia iniezione di adrenalina.

martedì 19 luglio 2016

Voivod - Due date in Italia ad Agosto.


Mi ricordo di aver visto uno show con Megadeth, Bad Brains e Voivod al New Music Seminar (NY). Fu una serata incredibile... Quando fu il turno dei Megadeth fu una cosa del genere "Affanculo sti tipi"... erano inaccettabili. Ma poi arrivarono i Voivod e furono stupefacenti. I Megadeth erano qualcosa che non riuscivo a capire, i Voivod potevo seguirli... I Voivod avevano il "raw vibe" dell'hardcore. (Tim Chunks, voce dei Token Entry, da NYHC, Tony Rettman)


E' questo il punto. Questo erano i Voivod, a metà anni ottanta. Presentati al mondo non tanto da alcuni demo scarsamente diffusi, quanto dalla loro presenza su Metal Massacre V (1984, con "Condemned to the gallows"), furono tra i primi gruppi dell'epoca a venir fuori con coordinate sonore completamente ibride: Venom e Motorhead da una parte, GBH e Broken Bones dall'altra. Nel loro debutto su Metal Blade, War And Pain (1984, disco per cui non videro un centesimo), convivevano tributi celebrativi al tritono sabbathiano, ispirazione motorheadiana e progressioni atonali dischargiane, Lo stile vocale di Snake era decisamente punk.  Il solismo di Piggy aveva radici tanto nello stile di Fast Eddie Clarke quanto nella sua rielaborazione fatta da Bones, quando lasciati i Discharge fece del suo guitarwork uno dei tratti distintivi dei Broken Bones. E questo, in un certo senso, li ha resi tra i primissimi protagonisti del crossover dal lato metal (assieme ai molto meno conosciuti Mace con il loro esordio "Process of elimination").
Ovviamente gli headbangers più tradizionalisti all'epoca li liquidarono con frasi tipo "Questo non è metal", "E' un disco punk". Per molti altri fu amore al primo ascolto.
Impossibile per un gruppo come loro esseri insensibili all'escalation di violenza e velocità del 1985 (Slayer, Possessed), e quindi il successivo  RRROOOAAARRR (1986), pur mantenendo l'impronta sonora degli inizi, spingeva sull'acceleratore e aumentava la violenza sonora, continuando nei testi il viaggio nel futuro postapocallitico dipinto nel primo lp.
Nel frattempo il gruppo ha allargato i propri orizzonti sonori: progressive, psichedelia, Swan, Killing Joke, Joy Division, Die Kreuzen e quant'altro. E il risultato sarà Killing Technology (1987) che segna una tappa cruciale nella loro discografia. Una pietra miliare con cui i Voivod segnano quella che sarà la loro impronta sonora definitiva, quella a cui verranno associati da allora in poi. Thrash e progressivo, dissonante e melodico, vecchie e nuove influenze vengono mescolate e rielaborate, niente viene lasciato alle spalle, tutto si evolve in sound che finirà per essere definito cyber thrash.
Col successivo Dimension Hatross (1988) la componente prog e psichedelica aumenta, processo che continuerà nello stupendo Nothingface (1989), che incluse una magnifica cover di "Astronomy Domine" dei Pink Floyd (il cui video finì in rotazione su MTV). 
Angel Rat era post metal come i Fugazi erano post hc. La band non aveva intenzione di adagiarsi su una formula sonora già elaborata. Poi Snake se ne va, Blacky se ne va. I Voivod continuano ad esistere ma io non li riconosco più. Nella mia modesta opinione per loro come tanti loro colleghi gli anni 90, con Forrest a basso e voce, sono un decennio perduto. Ma nel nuovo millennio torna Snake e ritornano ad essere i Voivod. Con meno guitarwork, forse con riff più squadrati, ma riconoscibili. Nel 2005 Piggy, al secolo Denis D'Amour, muore a causa di un tumore. Un ultimo album contenente materiale suo, Infini (2007), e poi il miracolo: Blacky rientra, arriva un nuovo chitarrista, Daniel Mongrain, e nel 2013 esce Target Earth. Certo, non c'è il guitarwork del Piggy degli anni 80, Mongrain è chitarrista molto più classico, ma i riff sono parenti stretti di quelli di Killing Technology: i Voivod sono ritornati, e alla grande. Ma l'attitudine non è mai cambata..Away si fa fotografare spesso con T-shirt dei Doom. Nel 2005 avevano partecipato ad un tribute album dei Die Kreuzen, Lean Into It, con una loro versione di "Man in the Trees" (brano dei Die Kreuzen da October File). Nel 2012 al Roadburn Festival a Tilburg, Olanda, la band la mette in scaletta e Dan Kubinski dei Die Kreuzen sale sul palco a cantarla assieme a Snake.



L'anno scorso i Voivod hanno girato l'Europa assieme a Carcass e Napalm Death, questa estate sono da soli e sono previste due date italiane, 20 Agosto al Rock Planet a Pinarella di Cervia, il 21 agosto allo Spazio Boss a La Spezia (date organizzate da Hub Music Factory).. Sarò presente a quest'ultima e vedrete qua il report poco dopo, more solito.




Nota a margine: se vi fate un giro sulla sezione stampa del sito dei Voivod tutti i riferimenti qui citati li ritrovate praticamente dal primo all'ultimo. Le interviste sono in inglese, chiaramente. Se spulciate la rete italiana cercando recensioni o monografie sui Voivod invece niente. E devo dire meglio niente che citare, come in un paio di casi, Sex Pistols e Dead Kennedys (e figuriamoci se qualcuno ha citato i Die Kreuzen). Chi vuole tragga le dovute conclusioni...

domenica 17 luglio 2016

TSOL, Raw Power, A New Scar, Chains @Distruggi La Bassa day 2, 16 Luglio

A New Scar
Dopo il bel preview di Distruggi La Bassa riesco ad andare solo alla seconda giornata del festival. Mi perdo gli Adolescents (sarà per un'altra volta, spero) e sento che i Cosa Nostra hanno avuto un'accoglienza ottima. Alcuni ricollegano la cosa alle cover dei Nabat e lo ritengono un precedente potenzialmente pericoloso (se il pubblico si entusiasma per le cover dell'hc anni ottanta, altri gruppi potrebbero ritenere questa strada più gratificante rispetto alla musica originale).
Arrivando alle 20 manco Stupro HC, Wah 77 e Devasted.
L'affluenza è buona. L'impianto appare subito piuttosto sottodimensionato per un evento all'aperto, e la cosa creerà qualche problema con alcuni gruppi.
Still Nervous propongono un hc americano mid eighies, efficace, Idol Lips un punk vecchia maniera. Radio Shakedown esprimono una prospettiva più anni novanta (a tratti mi vengono in mente primi Jawbreaker, Operation Ivy, Green Day). Il pubblico fin qui manifesta un interesse abbastanza blando. Le cose cambiano con i Chains. Con loro siamo più in ambito new school, ispirazione newyorchese, Madball e Sick of It All, certo, ma ben rielaborati. E con loro parte il pogo.
A New Scar
Quando salgono sul palco A New Scar sembrano venire da un altro mondo sonoro. Pure vibrazioni vecchia scuola. Dal vivo la natura UK82/D-Beat del loro suono viene fuori appieno.  All'inizio il basso di Diego è in primo piano, con un effetto motorheadiano, poi sistemano i suoni e l'impasto viene riequilibrato. La gente sotto il palco ha bisogno di tre pezzi per abituarsi al sound del gruppo, poi risponde bene e il pit parte (ma davanti al palco ci sono alcuni che fanno headbanging...).
Dezo infila in mezzo ai brani stacchi di puro rumore elettrico, il tutto è tenuto insieme dall'inarrestabile Bonanni alla batteria. A New Scar finiscono il loro set con "Fanghiglia Cristiana", ripresa dalla cassetta dell'82 dei Disarmo Totale, il primo gruppo di Diego.
I Raw Power partono con "Mine To Kill" e vanno avanti col loro set che come al solito entusiasma il pubblico soprattutto con i classici di "Screams From The Gutter". Sarà l'impianto, ma quando li ho visti l'anno scorso a Poviglio erano più incisivi.
Comunque quando i True Sounds Of Liberty salgono sul palco, Jack Grisham ringrazia i Raw Power, e non altri.

Cosa dovevano essere gli TSOL nell'81, quando a Orange County loro erano "LA" band, anche più
TSOL
dei Black Flag, completamente fuori controllo. Quando Jack Grisham sale sul palco è difficile non notare che nella sua strada verso i 60 anni ha acquisito una circonferenza cospicua. Ma quando inizia a cantare, tutto passa in secondo piano. Alla chitarra c'è il chitarrista originale, Ron Emory. Sono perfetti, sono gli TSOL e si fanno strada in un set che comprende quasi tutti il primo EP e "Dance With Me".
Più di una generazione è trascorsa dagli anni d'oro del gruppo, ma sotto il palco un pubblico che perlopiù nell'81 non era ancora nato fa esplodere il pogo ogni volta che arrivano pezzi come "Sounds of laughter", "Abolish government", "Property is theft". C'è un tipo del pubblico che ripetutamente sale sul palco per abbracciarli e la cosa viene gestita con la massima tranquillità e naturalezza. Una professionilità incredibile, un'incredibile energia. Qualsiasi problema ricollegabile all'impianto viene neutralizzato da testate Orange usate al meglio e qualcuno mi fa notare che Emory non usa  barré.
Due bis, di cui il primo è "Die for me", senza Grisham sul palco, cantata da Emory.
E così una leggenda dell'hc punk ha fatto il suo show davanti a un paio di centinaia di persone in un posto sperduto della bassa ferrarese, comportandosi come fossero tipi qualsiasi.
TSOL
(pics by Sara Voss)

domenica 3 luglio 2016

Intervistato da Sdangher.it, e connessioni assortite

Per qualche insondabile motivo, Francesco Ceccamea da tempo si interessa alla storia delle riviste metal italiane. Il suo interesse è culminato nella pubblicazione da parte di Crac di "Shocking metal, la storia del giornalismo metallaro in Italia", libro perfetto per chi si fosse fatto l'adolescenza negli anni novanta sulle pagine di Metal Shock, Flash, Metal Hammer e compagnia (la prospettiva di questo blog è in che in materia di metal, e non solo, durante quel decennio i giochi fossero già in larga parte chiusi, ma l'anagrafe non può costituire una colpa).
Marginalmente su queste pagine il tema è stato toccato qua, e più in generale quasi ogni volta che l'archivista ormai ufficiale della storia di Flash, Manuel Toedem, postava copie di vecchi articoli.
Ceccamea mi ha chiesto un intervista per Sdangher.it, ed ecco il risultato.
Francesco Ceccamea, oltre ad aver prodotto questo saggio di natura piuttosto curiosa, è stato anche un Finalista Premio Berto opera prima assieme a "La solitudine dei numeri primi" (menate da fisico in crisi esistenziale) e un caso editoriale. Inoltre ha curato i testi di tre volumi illustrati di Enzo Rizzi"Storia del Metal a fumetti", "Storia del rock a fumetti" e ora "Storia del pop a fumetti".
Per la serie "post circolari", Enzo Rizzi mi ha ricordato che ha debuttato su Flash, e in particolare con illustrazioni per la mia rubrica, quando io stavo finendo di scrivere e lui stava iniziando a disegnare. Quando si dice le coincidenze...