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mercoledì 19 dicembre 2018

LWC35 - 35 anni dal Last White Christmas - Venerdì 21 dicembre ore 20.30 garageradio.it


Del Last White Christmas, che si svolse nella sconsacrata basilica di S.Zeno a Pisa nel 1983, io e Riky e Antonio Cecchi abbiamo già parlato, qua.
A 35 anni di distanza l'evento viene celebrato con dibattito e concerto, qua trovate la pagina fb e qua l'evento.
Quindi nell'ultima puntata di FERA del 2018 io e Riky presenteremo la cosa, tra vecchio e nuovo. E come notate dal manifesto, l'indomani saremo di moderazione del dibattito...

(FERA riparte a gennaio dopo l'Epifania)

giovedì 6 dicembre 2018

Suoni, ancora, e seventies, ancora - Venerdì 7 dicembre ore 20.30 garageradio.it

Mi ricordo che sui vent'anni il primo Zep mi infastidiva. Avevo amato profondamente Dazed And Confused nella versione live di The song remains the same, ritrovarla nell'incisione da studio mi spiazzava, trovavo quella produzione "vecchia". Qualcosa del genere mi era successo coi Sabbath. Mi ero innamorato dei Black Sabbath a 13 anni, sentendo per radio Sabbath Bloody Sabbath. Nella mia ricerca di vinile a poco prezzo tra i 13 e i 14 anni ero incappato in un tipo, più vecchio di me di tre o quattro anni, che si stava disfacendo dei suoi dischi hard rock - aveva "superato quella fase", qualsiasi cosa volesse dire, ma immagino avesse a che vedere con la vita di relazione: nei primissimi 80 l'amore per l'hard rock e l'heavy metal non ampliava certo le possibilità di contatto con l'altra metà del cielo. Per farla breve, con poche migliaia di lire uscii da casa sua con Paranoid e Made In Japan. Erano suoni distanti da quelli che mi avevano stregato (Sabbath Bloody Sabbath, appunto, e You Really Got Me nella versione dei Van Halen). Ma con Paranoid finii per familiarizzare velocemente. Però quando qualche mese dopo (era il 1981) vidi Mob Rules in evidenza tra le nuove uscite hard rock di un locale negozio di dischi, l'esaltazione fu immediata, fin dalla copertina di Greg Hildebrandt (o meglio, chiesta in uso all'autore). Arrivato a casa, appena messo il vinile sul piatto la fascinazione fu istantanea. Sentivo il suono come "attuale", e questo mi sembrava un plus. La voce di Ronnie Dio, i riff di Iommi, le tastiere di Nicholson, talmente particolari da non sembrare tastiere (approccio agli antipodi rispetto a quello di Jon Lord, parlando di canoni con cui avevo familirizzato), quello era heavy metal come pensavo dovesse esserlo. Quando arrivò l'82, e uscii dalla Upim con il 7 pollici di Run To The Hills, arrivando a casa e mettendolo sul piatto, beh, quello era ancora più metal. E poi Raven, Motorhead, Venom, Exciter  e poi, beh...
Ad un certo punto verso fine 80 i suoni cominciaro ad essere sempre più simili tra loro. Con una degna eccezione, ovvero il grunge, che all'epoca ancora non era stato etichettato grunge. I gruppi di Seattle, insomma, di cui qualcuno parlava come di "hard rock moderno" (a tale proposito persona davvero informata dei fatti, ovvero Jack Endino, parlò di "prosecution of the seventies hard rock with an healthy respect for noise").
C'erano chitarre downtuned in Louder The Love dei Soundgarden? Eccome se c'erano. Ma l'underground di Seattle aveva "preso i Black Sabbath" dai Black Flag. Forse qualche anno dopo i gruppi di Palm Springs li presero da quelli di Seattle, o forse direttamente dai Black Flag, difficile dirlo. Di sicuro dopo di loro ci fu una vera epidemia di accordature ribassate (anche nel nu metal). Il digitale probabilmente ha fatto il resto, ed è arrivata la standardizzazione.

Uno dei motivi che mi riporta sempre più spesso all'heavy metal e all'hard rock dei seventies è appunto la ricca diversità dei suoni, che ispira la scaletta di questo venerdì.



sabato 17 novembre 2018

Il vecchio, il nuovo... - venerdì 23 settembre ore 20.30 garageradio.it

Si sta lavorando ad un evento che celebri i 35 anni da Last White Christmas, e si lavora affinché Garage Radio possa offrire una copertura in diretta dell'evento.
Venerdì prossimo FERA blog fa quattro anni precisi, quindi i bilanci li rimando. ma negli anni ho speso un bel po' di parole "to set the records straight", principalmente a proposito di thrash metal e hardcore punk (nonché sui rapporti tra i due generi e speciamente in Italia). Ma non ho se non in maniera del tutto incidentale affrontato il tema dell'eredità degli anni 80, e quando l'ho fatto è stato per criticare chi rivendicava ascendenze farlocche e parentele improbabili.
Se da un lato l'eredità delle esperienze di 30-35 anni fa è ancora viva (nelle persone ma anche nei suoni, alle volte, e questo delle domande le dovrebbe porre) ho parlato con veterani ancora in attività che mi hanno detto "Non abbiamo qualcosa di dire sulla situazione presente. Cioè avremmo da dire solo cose brutte".
C'è una questione di gap generazionale? Può essere. Ma c'è anche una questione di senso.
La penultima volta che ho parlato con Marco Mathieu lui discusse anche di "fasi della narrazione", rilevando come in Italia per l'hardcore fossimo ancora alla documentazione storica e non si fosse arrivati ad una narrazione evoluta.
A questo proposito, va avanti la pubblicazione di live dei Negazione nella serie We Got Memories, un Live In Birmingham (1988). Una delle cose belle di questa release è  il pdf allegato agli mp3, e traduco questo brano, storia che mi ricordo raccontata a voce da Marco o da Zazzo una trentina di anni fa:

Un aneddoto? Nel tour dell'87, dopo lo show a Manchester andammo nel posto dove avremmo dovuto dormire (sacchi a pelo sul pavimento, ovviamente) ma entrando nella casa non riuscivamo a capire perché ci fosse un sacco di giornali che coprivano i pavimenti, uniti ad uno strano odorel...
Quando scoprimmo che i giornali erano lì per coprire escrementi, non chiedemmo che razza di merda fosse io come a qualcuno fosse venuto in mente di coprire la merda invece di levarla di mezzo o come si potesse proporre a qualcuno di dormire in un posto del genere. Semplicemente tornammo nel van e guidammo per il rimanente della notte verso il prossimo show, a Nottingham


Letture coerenti (e plurali) della storia, prima che il puro elenco di fatti, sono la base su cui la generazione presente (e le future) potranno rapportarsi al passato, mentre più volte ho letto interpretazioni di fenomeni anni 80 tra l'impreciso e il del tutto fantasioso, principalmente ad opera di millenials.
Alla fin fine quello che funziona meglio, come dai tempi dei tempi è la comunicazione tra persone, che tra l'altro secondo me è stata alla radice della lunga vita di alcuni gruppi.
E passando da hc a metal una delle cose che più mi ha fatto piacere è stato quando qualcuno che per ovvi motivi anagrafici ignorava completamente la mia esistenza mi ha detto "Leggendoti mi sono reso conto che hai vissuto il metal quando era una cosa seria".


giovedì 15 novembre 2018

Il suono dell'underground heavy metal - venerdì 16 novembre ore 20.30 garageradio.it

Quando parlo di diversità sonora del metal dei primi 80 mi riferisco sopratutto alla prima metà del decennio. C'erano suoni caratteristici che sono rimasti iconici: il suono delle chitarre in British Steel dei Judas Priest. E altri estremamente caratteristici, per esempio il suono dei primi tre lp dei Manowar. Non li potevi scambiare per un altro gruppo solo sentendo un singolo riff, prima che entrasse la voce.
E c'era anche una discreta diversità nell'underground più caratteristico.
La sentivi fin nelle antologie della NWOBHM. Metal for Muthas, certo, ma anche nelle due Heavy Metal Heroes e in Lead Weight, per citare le più note.
Nell'82 l'uscita dell'ultimo (o penultimo) round di compilation della NWOBHM si sovrapponeva all'inizio della serie di complilation americane Metal Massacre. E anche lì era abbastanza difficile trovare i segni di una omogeneità sonora. Eppure quello, proprio quello lì, per me (e immagino anche per altri) fu il "sapore" del metal underground. Fatto difficile, molto difficile da spiegare anche a soli dieci anni di distanza da quelle antologie.

sabato 3 novembre 2018

1988. thrash Hardcore, crossover

A distanza di 30 anni non è semplice inquadrare il 1988, per quel che riguarda thrash e hc. I germi spuntati nell'anno precendente si stanno sviluppando e, col senno di poi, tutti gli elementi che porteranno alla mutata situazione dei 90 sono in opera e all'opera: la coesistenza di vecchio e di nuovo, la diversità degli impulsi evolutivi (o involutivi).
Il thrash metal di fatto è diventato mainstream. Se non il genere nel suo complesso, i maggiori gruppi che lo hanno fatto partire. In primis, i Metallica. Inutile ripetere qualcosa riguardo al peso che il gruppo ha avuto nella nascita di un genere e nei rapporti tra metal e hardcore punk. Ma And justice for all, non esattamente il primo degli album a cui si pensa, parlando di Metallica, vendette assai di più delle tre precenti pietre miliari. Arrivò al numero 6 nella Billboard 200, dove stazionò per ben 83 settimane. E' su questo risultato che l'anno successivo saranno nominati per i Grammy. Eppure, riascoltato a trenta anni di distanza, lasciate da parte infinite polemiche on line su batteria troppo evidente e basso invisibile, continua a sembrare un'ombra molto appannata di Master Of  Puppets, un album messo assieme con gli scampoli di due anni prima, condito da una produzione discutibile. Le cronache parlarono e hanno poi parlato di una band sempre più esaltata dai continui sold out, ma convinta di aver conquistato la vetta alle proprie condizioni. Potremmo dire che non c'è motivo di contestare questa affermazione: il punto è quel che è successo dopo. La presenza come ospite di James Hetfield su Kichigai , ultimo atto dei dei Septic Death (altro ospite Andy Airborne Andersen degli Attitude) è l'ultima traccia di rapporti concreti tra il gruppo e il suo ambiente di provenienza.
Per gli Slayer è tutta un'altra storia. Fare uscire un disco dopo Reign In Blood non era semplice, tutt'altro, anché perché la formula Slayer si era dimostrata comunque più circoscritta, dai confini più stretti, rispetto a quella di Metallica e Megadeth. Gli Slayer riescono comunque a venirne fuori al meglio: rallentano, mettono in mezzo inserti acustici mai sentiti prima da loro, accentuano le le tinte oscure, tirano fuori una cover dei primi Priest: ne viene fuori South Of Heaven. E a distanza di 30 anni se si pone il vinile sul piatto sull'attacco della title track ancora vengono i brividi.
Per i Megadeth è l'anno di So far so good so what. Nonostante Mustaine si sia perso per strada mezzo gruppo, a differenza dei Metallica e come gli Slayer, sa gestire bene il fatto di avere alle proprie spalle Peace Sells. Il disco non è geniale come il suo predecessore, ma comunque veloce e brillantissimo, e non mancano i pezzi memorabili. Vende velocemente quasi mezzo milione di copie (e arriverà al platino).
Overkill: per loro è l'anno di  Under the influence. Rat Skates se ne andato l'anno prima: la joint venture Megaforce-Atlantic sul gruppo non gli è piaciuta. Lo racconta nel documentario Born In The Basement, si ritrova in mezzo al tour senza soldi per telefonare a casa, la cosa gli appare insensata, alla fine del tour molla.
Non starò a fare una panoramica di tutte le uscite thrash metal dell'anno. Il tre ormai grandi del thrash tedesco sono in tour e in pausa discografica, idem i Sepultura, che stanno cominciando la loro strada verso la vera notorietà. Per me i fatti più interessanti, a parte Destroy After Use (Jester Beast, da Torino),  vengono dal solito posto (Bay Area e dintorni), dove il thrash esiste ancora al grass roots level, come si dice: cose fresche, a vario livello, arrivano dai gruppi che su major non sono ancora arrivati, i Sadus che esordiscono con Illusions, il magnifico esordio dei Vio-lence Eternal Nightmare, il capolavoro dei Death Angel Frolic Through the Park. La terza ondata dei gruppi thrash californiani sarà di fatto anche l'ultima. Il fenomeno è in via di esaurimento.

Ritornando ai gruppi di punta del thrash, al loro secondo giro su major offrono un panorama da un certo punto di vista omogeneo. Hanno fatto carriera e per ora senza "selling out". Ma ormai sono tutti ben lontani dal loro ambiente di partenza,  fino  quasi a perdere il contatto con l'humus da cui sono venuti. Ma quell'humus, del resto, non c'è più, è cambiato. L'hardcore punk è molto ridotto, in California, la sua prima fase si è ormai esaurita da due anni (scioglimento di Dead Kennedys e Black Flag).
C'è ancora vita a Orange County, i D.I. sono ancora operativi, anche se Rikk Agnew li lascia, escono con What Good Is Grief To A God? , bell'album che però sarà un fiasco commerciale. Gli Adolescents pure sono ancora attivi, e fanno uscire Balboa Funzone, non proprio il primo dei loro dischi a cui viene da pensare.
Sempre in California arrivano al secondo lp i Victims Family, con Things I Hate To Admit. Questa band assolutamente incredibile, con il suo mix di hardcore punk e jazz e con il suo livello tecnico impressionante, sarà apprezzata molto più in Europa (e in Italia) che negli USA. Credo di averli visti almeno un paio di volte, dal vivo, a fine anni 80, ed erano davvero mostruosi. Sia Ralph Spight (chitarra e voce) che Larry Boothroyd (basso)  attualmente sono con Jello Biafra and The Guantanamo School Of Medicine.
Anche a Oxnard i gruppi del nardcore sono ancora attivi: Ill Repute, Rich Kids On LSD, Dr. Know: questi ultimi escono con un nuovo LP su Death Records (sottoetichetta Metal Blade),  Wreckage In Flesh, lavoro completamente crossover.
Il retro della cover di The Good The Bad The Obnoxious degli Attitude
Il crossover è diventato una tendenza molto diffusa. I già citati Attitude sono decisamente attivi: quanto a vinili nel 1988 lasciano un 7' con 3 pezzi, To Whom It May Concern e un EP di cover (un cult), The Good, The Bad, The Obnoxious.
I Suicidal Tendencies arrivano su una grossa major, Epic, e fanno uscire How Will I Laugh Tomorrow When I Can't Even Smile Today. Un disco metal, nessuna traccia dell'hardcore delle origini. 4 of a Kind dei DRI (1988, Metal Blade) invece suona forse appena appena meno metal del precedente Crossover. Per me il miglior disco dell'anno quanto a crossover thrash viene da Seattle: gli Accused mettono a segno il miglior colpo della loro discografia anni 80 con Martha Splatterhead's Maddest Stories Ever Told.

Lontano dalla metallizzazione spesso eccessiva ci sono i Bad Religion, che con Suffer fanno cominciare contemporaneamente il loro nuovo corso e il "nuovo hardcore melodico", che tanto peso (e successo) avrà nei primi anni 90. E chi li ha visti in quel periodo (88-90, prima che a Stereodrome venisse in mente di trasmettere un loro concerto) sa bene che i loro era purissimi concerti HC, melodia o meno. A questo proposito, è l'anno di uscita di Boogadaboogadaboogada! degli Screeching Weasel (uno dei gruppi più clonati nei successivi 20 anni), in cui iniziano a sganciarsi parecchio dall'HC per buttarsi sul punk melodico.



A San Francisco nella scena che sta crescendo attorno al 924 Gilman Street non c'è molto HC, anche se la venue fu inaugurata da un concerto dei Christ On Parade. Ci sono i Neurosis, certo, e gli  Econochrist , che nel 1988 debuttano con un sette pollici, nonché quella che di fatto fu la resident band del Gilman, gli Isocracy. Ci scherzarono sopra, nel titolo del loro unico 7' uscito nell'88 per Lookout Records Bedtime for Isocracy (poi di fatto sarebbero diventati l'act post hc Samiam che dopo un buon primo ep nei 90 fecero quel che fecero quasi tutti, ovvero firmarono con una major e finirono su MTV). Certo, dopo il canto del cigno Bad times for democracy i Dead Kennedys non esistono più da due anni, come già detto. Jello Biafra si sta preparando per le collaborazioni che lo vedranno protagonista alla fine del decennio, Lard, con i D.O.A., con i Nomeansno . Già, i gruppi canadesi non conoscono crisi. I Nomeansno escono con la loro prima vera pietra miliare, Small Parts  Isolated And Destroyed. Gli SNFU escono con Better Than A Stick In The Eye e si butteranno in un lungo tour tra USA e Europa per promuoverlo. Chi li ha visti dal vivo per la prima volta nel decennio successivo o oltre non ha la più pallida idea di cosa fosse la band dal vivo all'epoca, con Mr Chi Pig che sul palco passava più tempo in aria che con i piedi per terra o giù di lì.

A Washington DC la cosa ha sterzato sul post HC ormai da tre anni. Per gli Scream è il turno di No More Censorship , il primo album con Dave Grohl alla batteria (ma è tipo due anni che è nella band), e anche loro, che non hanno cambiato monicker, da un punto di vista sonoro stanno continuando a cambiare non poco. Ma il fatto eclatante, per DC, è l'uscita di un EP con 7 brani, senza titolo. Il gruppo si chiama Fugazi.



A New York tutti i gruppi della prima ondata NYHC sono ancora in piena attività, così come quelli della seconda ondata youth crew, Youth Of Today su tutti. Ma l'aria nuova arriva dai sobborghi di Queens. I Token Entry, che si confermano alla grande con il loro secondo stupendo album Jaybird, avevano tenuto a battesimo sul palco del CBGB un gruppo di ragazzini, i Gorilla Biscuits, che debuttano con un omonimo EP assolutamente spettacolare.

in UK la scena HC, che da qualche anno è quasi completamente crossover nei suoni, è in pieno fermento. Ripcord, Heresy, Concrete Sox, Sacrilege stanno per essere oscurati dal grindcore (Napalm Death, Electro Hippies) e dal crust. Nel 1988 esce su Peaceville War Crimes (Inhuman Beings)  dei Doom, e per qualsiasi considerazione al riguardo rimando a quanto già scritto per il 1987. Ne aggiungo solo una: dopo decine di gruppi D-Beat apparsi in Europa nei primi 80, all'epoca NON sentivo il bisogno di un'altro gruppo che si rifaceva molto ai Discharge.

In breve, ai tempi, come per il thrash, pareva che le cose stessero cambiando ma non sembrava la vigilia della fine. Invece lo era.

Ma tutto questo è chiaramente una riflessione a posteriori. Se penso alla situazione italiana, e all'underground legato all'hardcore, vero che molte realtà autogestite e molti gruppi ormai erano storia, ma per esempio a Pisa dalle ceneri del Victor Charlie nacque il Macchia Nera (che non era la stessa cosa, ma in un certo senso una sua logica conseguenza - e sotto il palco del Macchia fui una presenza fissa per tipo quattro anni). A Milano il Virus era stato sgomberato 4 anni prima, ma il Leoncavallo esisteva ancora (sgombero 1989). A Bologna era nata l'Isola nel Kantiere (un posto in cui mi sono sentito "a casa" dalla seconda volta che ci misi piede). Questo per parlare solo delle realtà più note e che funzionavano meglio.
Vero, una gran quantità dei gruppi dell'hardcore italiano è sparita: ma ci sono ancora per esempio Kina, Upset Noise, Contropotere e Negazione.
Per i Negazione il  1988 è l'anno di Little Dreamer (We Bite): per molti il disco di una loro "svolta metal", ma con più o meno metal nel suono, restavano i Negazione, che sono sempre stati un gruppo hardcore.
Per molti (e per molte metal heads) Little Dreamer è stato il primo contatto con il gruppo e con l'hardcore italiano. A distanza di trent'anni in molti continuano ad avere nel cuore Il giorno del sole, ma mi preme ricordare l'opener dell'album, Ho Pianto.
Per i Contropotere è l'anno del debutto su LP, e che debutto. Nessuna speranza, nessuna paura (Attack Punk Records) era anarchico, poetico, teatrale, magistralmente condotto dalla voce di Lucia, con un suono che rimandava un poco all'UKHC (Sacrilege), ma globalmente esprimeva una personalità spiccatissima e unica. A proposito di Attack Punk, fa uscire un vinile che diventerà un caso da subito, il primo passo di uno dei gruppi più geniali di quegli anni: sto parlando di Abbiamo pazientato 40 anni, ora basta dei Disciplinatha .
 L'HC non sembrava affatto morto, si stava evolvendo: Nomeansno, Victims Family, SNFU , il post-hc dei Fugazi (e della Rollins Band, col suo stile ineffabile). Erano ancora in giro D.I., Lethal Aggression, Attitude, Gorilla Biscuits, Murphy's Law, Ludichrist, Youth Of Today ,dai Descendents senza Milo erano nati gli All. Se i gruppi italiani in circolazione erano rimasti pochi (ma buoni), erano arrivati di rincalzo i migliori tedeschi, Spermbirds e soprattutto Jingo de Lunch, e i migliori inglesi - IMHO, questione di gusti - Stupids, Snuff. Per un ventenne "nel giro" l'HC e le sue conseguenze apparivano vivi e vitali, e tali sarebbero rimasti ancora almeno per un paio di anni. Per la precedente generazione della scena la situazione doveva offrire un panorama diverso. Se ho vinto, se ho perso dei Kina uscirà l'anno successivo, ma probabilmente Questi anni nell'88 era già stata scritta.




sabato 20 ottobre 2018

Dal Brit Blues Boom a NWOBHM e dintorni - venerdì 26 ottobre ore 20.30 garageradio.it

Il 3 luglio a Ponsacco (PI) hanno suonato gli Animals, o meglio, quelli che ad oggi tengono vivo il monicker, uno di quelli storici della british invasion. Nella band l'unico componente originale è John Steel alla batteria, altro membro storico è Mick Gallagher alle tastiere, ma il tutto è tenuto insieme da Danny Handley, eccellente chitarra e voce, ottimo frontman. Aveva presentato il gruppo dicendo "We're the Animals and we're a Rhytm And Blues band". Né più né meno.
Certo non erano mancate le hit storiche, da House Of The Rising Sun a We gotta get out of this place, ma la loro prova (un entusiasmante concerto R&B) si era snodata su standard classici , da I put a spell on you di Screamin Jay Hawkins a Sweet Home Chicago. Passando per Can I Get A Witness.
Ian Gilllan, 1967
Can I Get A Witness ce l'ho in testa fatta dai Nine Below Zero, ma chissà se qualcuno se la ricorda in  Sole Agency And Representation, unica incisione pubblicata The Javelins (per i buoni uffici di Ian Gillan) nel 1994 e poi riproposta come Raving with Ian Gillan & The Javelins nel 2000 dalla Purple Records.
The Javelins erano stati il gruppo di Gillan ai tempi del brit blues e della swinging London. Non erano mai arrivati ad incidere, all'epoca. Can I Get A Witness ricomparirà in Who Cares di Ian Gillan & Tony Iommi nel 2012. I Javelins avevano in repertorio anche Love Potion n°9 , sfornata da The Searchers nel 1963. Ovvero esattamente la cover a cui MCA affidò il rilancio dei Tygers Of Pan Tang nel periodo Deverril-Sykes, facendogli ritrovare le chart che il gruppo non aveva più visto dopo Wild Cat.
Ma lo stesso Gillan (il monicker) è legato a doppio filo con le vicende dalla NWOBHM e quindi del periodo più classico dell'heavy metal, che all'incirca coincide con l'arco della sua esistenza (1978-82), repertorio in parte rievocato Gillan's Inn (2006) e poi riprosto da Live in Anheim (2008), inciso da un concerto alla House Of Blues tenutosi nel 2006. E a sessantuno anni suonati l'uomo dai "legendary shrieks" se la cavava così...




Del debito col blues della NWOBHM ho già parlato in passato (ormai tre anni fa, qua ) e chiaccherandone col bluesman ufficiale di Garage Radio mi sono reso conto che questi rapporti tra blues e heavy metal sono del tutto ignoti, dal suo lato...


lunedì 15 ottobre 2018

Once upon a time in the pit - Jester Beast, the first five years (mostly) - Venerdì 19 ottobre ore 20.30 garageradio.eu

Una piccola premessa ...


C'era una volta l'undergound italiano della seconda metà degli ottanta, in cui il crossover (inteso in senso di fenomeno non musicale) era un dato scontato o quasi. In quei tempi lontani i spesso i thrashers andavano a vedere i concerti hc e frequentavano i centri sociali (si, lo so, succede anche oggi - ma in misura meno rilevante e la cosa è molto a macchie di leopardo) . Diciamo pure che la faccenda aveva preso la forma di un trend, di una piccola moda, e che qualche episodio aveva il sapore del  bandwagoning... NON TUTTI avevano capito lo spirito della cosa e qualcunaltro se ne è pure accorto, anche se con un tempismo pessimo (l'anno dopo usciva Dookie dei Green Day), ma il dato e il pezzo restano.



... e arriviamo ai Jester Beast


Tra l'86 e il '90 quelli che secondo il mio umilissimo parere sono stati i migliori gruppi thrash metal italiani vennero su, chi più chi meno, a contatto con la scena HC,  Braindamage e Jester Beast a Torino,  a Pisa i Tossic (ma qui sono di parte) - con questo non voglio certo sminuire Bulldozer e Schizo (Extrema e Necrodeath mai stati nelle mie corde, sorry guys, no offence meant).
Ecco, nel "chi più chi meno" i Jester Beast stavano decisamente dalla parte del "più".
Esisteva una prima versione della band con Tony Lionetti alla batteria, Steo Zapp alla voce, Attilio Scalabrini (classe 1953) alla chitarra, Orlando Furioso al basso. Era un gruppo locale, poco noto al di fuori della cerchia torinese (avevano dei fedelissimi a Bologna), di cui è praticamente irreperibile qualsiasi tesistimonianza sonora. Nel 1986 Attilio muore investito da un ubriaco. Lo shock è profondo ma, per dare continuità al gruppo, arriva a dare una mano Tax Farano (Negazione) con la sua chitarra, mentre si cerca un sostituto in pianta stabile. Tony capita al concerto di un altro gruppo locale, i Tomahawk, con CC Muz alla chitarra e Ivano Keeodo al basso. Resta colpito e, visto che nel frattempo Orlando se ne è andato, li recluta entrambi per i Jester Beast. Lì per lì la band pensa pure di cambiare nome, ma tra una cosa e l'altra non se ne farà di nulla. Si mettono subito al lavoro, e iniziano a produrre quello che sarà il materiale del nuovo demo. All'epoca hanno in scaletta anche vecchi brani Jester beast (Psycopathic e Still Born, presenti sul primo demo del gruppo, 1985), brani dei Tomahawk (Labirynth, Mosh The Rush), un loro brano hc (Suck my powerful dick - che successivamente sarà trasformato in Jester's Day) e, udite udite, una cover di Barbed Wire World dei CCM - fatto che li qualifica come un gruppo metal estremamente atipico (nonché come l'unica band di cui si sappia che abbia fatto una cover dei CCM).
Una serie di concerti di spalla ai Negazione, quindi nell'88 fanno uscire il loro nuovo demo.
Ancora appeso al muro di casa mia dopo 30 anni
A differenza dei Braindamage, che hanno messo più tempo a sviluppare il loro potenziale, i Jester Beast sono stati un gruppo che ha raggiunto lo status di cult band con il primo demo della nuova formazione, Destroy After Use (come dire, buona la prima). E si può anche affermare che siano stati per il thrash italiano quello che sono stati i Void per l'hardcore punk. Un pugno di pezzi, quelli del demo, rimasti nella memoria di molti, un nome che viaggiò perlopiù tramite il passaparola e grazie a qualche recensione su fanzine e riviste dell'epoca. Di quel tempo Steo Zap dirà:

Eravamo poco più che maggiorenni con una vita molto disordinata: tanti vizi, molta rabbia e zero compromessi. Torino è sempre stata (e lo è ancora) una fucina di ottime band sia nella scena tipicamente metal e soprattutto in quella dell’hardcore. In quest’ultima noi ci rispecchiavamo maggiormente per ideologie e stile di vita (qua)


In tempo di accelerazione parossistica (Wehrmacht, Cryptic Slaughter, Sadus) loro erano velocissimi, violenti, tecnici, con una buona dose di spirito hardcore (100% Freak-Core, era stampato sulla copertina del demo). Avevano i riff, il songwriting, i pezzi assolutamente memorabili (Destroy After Use, Claustrophobic Autogamic, con il suo geniale riff iniziale). Avevano tutte le carte in regola, e pure nel momento giusto (cosa più unica che rara, per un gruppo metal italiano).
Il nome dei Jester Beast è rimasto nell'iconografia dell'hardcore italiano grazie alla loro partecipazione al record release party di Little Dreamer dei Negazione.



Quindi nell'88 la band aveva al proprio arco tutte le frecce immaginabili:  era già pronto il materiale per il loro primo lp e il demo aveva generato grandi aspettative su di loro. Ma ci furono dissidi all'interno del gruppo, e Keeodo lasciò.
Nel 1989 si recano col nuovo bassista Mario "Pinotto" Garitta a registrare vicino Pisa, in quegli West Link Studios la cui origine era legata a doppio filo con le vicende di GDHC (GranDucato HardCore, per gli ignari).
In quel periodo ho memoria di due date, una a Pisa e una a Livorno, francamente incomprensibili per la scelta della location e la modalità dell'organizzazione. In entrambi i casi promozione pressoché nulla, un pugno di persone a guardarli suonare. Ma ho ancora il vivido ricordo di Zapp che introduce il loro set con un roco "J-J-J-Jesterbeast", di Illogical Theocracy ascoltata per la prima volta dal vivo.
La registrazione dell'album è lunga e laboriosa. Finito il lavoro, incredibile a dirsi, il gruppo si sbanda e i membri non si vedono più per mesi. Il fatto è che, da quel che percepivo io all'epoca, parlando con Tony, i Jester Beast erano una compagine percorsa da forze disgregatrici, profondamente anarchica nei comportamenti, che il batterista cercava disperatamente di ricondurre ad una parvenza di obiettivo comune e condiviso, senza troppo successo. In realtà c'era di mezzo anche una differenza di vedute. Muz continuava a sentire i Jester come qualcosa di estremo e quindi i dissensi che avevano portato all'uscita di Keeodo erano ancora tutti lì a covare.
Muz se ne va a Londra, e quando torna passa agli studios a prendere l'album masterizzato, pronto per la stampa, ma Tony vuole lavorare con un'etichetta indipendente.

Il contratto arrivò al volgere del decennio, e al volgere del decennio il thrash, in Italia e all'estero, era in agonia. Firmarono con GLC (che poi fece uscire Braindamage e l'ultimo Upset Noise, Come to daddy) e il risultato fu Poetical Freakscream, uscito nel 91, a cui Bonvi (RIP), contattato dalla band, fece la copertina.

Poetical Freakscream , pur incorporando nuove versioni di alcuni brani del demo, era un'album dal suono piuttosto pulito e dall'impostazione decisamente progressiva.
Sì, lo so che invece è andata a finire con i Pantera e con i Sepultura di Roots, ma se c'erano futuro e vera evoluzione nel thrash, era facendo propria la lezione dei Voivod . In questo Jester Beast e Braindamage hanno anticipato di una ventina di anni i Vektor. Poetical Freakscream era una prova concreta di come le innovazioni dei franco-canadesi potessero essere rielaborate, assimilate al proprio personale linguaggio. Può darsi che una masterizzazione non ottimale abbia influito, ma la scarsa fortuna di pubblico (non di critica) che ebbe il disco, secondo me, è da ricollegarsi ad altri fattori, ovvero alle mutate condizioni storiche. Quel mutamento del contesto l'ho già inquadrato in un aneddoto. L'HC stava mutando pelle, la scena italiana era in uno stato avanzato di contrazione e senz'altro si stava progressivamente de-internazionalizzando. Death e grind stavano monopolizzando l'attenzione della nuova generazione di metallari.

Poetical Freakscream era troppo elaborato per chi veniva su coi nuovi linguaggi musicali del metallo estremo, troppo duro e troppo thrash per quelli che rimanevano ancorati ai canoni del metal classico (per l'album il gruppo aveva reinciso Claustrophobic Autogamic). Bastava fosse uscito nell'88-89 e probabilmente starei raccontando una storia diversa. Un tour europeo con gli Accused, (ancora una volta la cover di Barbed Wire World in scaletta)  un singolo, Serial Killer (1993) ,e poi l'attività della band andò scemando fino a concludersi nel 95. Negli stessi anni si scioglievano Negazione, Upset Noise, Contropotere. Era il definitivo tramonto di un'epoca.


Life in the brave new world


I Cripple Bastards si meritano grande rispetto per aver portato l'eredità e il vibe dell'hardcore italiano degli 80 nel grindcore (Misantropo a senso unico, 2000). Dieci anni dopo il loro debutto su lp, hanno fatto uscire Frammenti di vita, disco di cover di gruppi italiani hc e thrash degli anni 80 (significativamente coprodotto da FOAD, l'etichetta di Giulio the Bastard e TVOR, la storica indie di Stiv "Rottame" Valli). C'erano dentro cover di Negazione, Declino, Upset Noise, Schizo, Necrodeath, Bulldozer, Wretched, Raw Power, Nerorgasmo, Impact, Blue Vomit e Nabat. E c'era una versione di Claustrophobic Autogamic dei Jester Beast. Nello stesso 2010 FOAD ristampa come EP una versione rimasterizzata di Destroy After Use; il gruppo si riunisce, ma senza Tony e Keeodo, che vengono sostituiti al basso da  Marco Klemenz (Nerorgasmo e già negli Ifix Tcen Tcen, quelli dell'incredibile Liquid Party) e  alla batteria da Sergio Pavinato (già nei Woptime). Partecipano alla quarta edizione di Night Of The Speed Demons (e la cover dei CCM farà parte anche delle scalette della reunion).
Da lì a fare uscire un nuovo ep c'è un ulteriore cambio di formazione con l'inserimento di due ex Headcrasher, Pietro "Duracell" Grassili e Roby Vitari (oggi con l'ex Holy Terror Mike Alvord nei Mindwars). E nel 2012 viene fuori The Infinite Jest, unico parto di questa travagliata reunion. Autoprodotto. Un nuovo logo ridisegnato da Away dei Voivod. Un lavoro dal songwriting, al solito, più che eccellente. Lost In Space è la rielaborazione di materiale pronto prima dello scioglimento del '95 e tutti i brani sono perfetti, ma molto voivodiani - pure troppo, volendo. Al di là di questa considerazione resta il fatto che, per esempio, Kolkata Bazar è proprio un gran pezzo - chissà, magari tra qualche tempo lo sentiremo rifatto da Away e soci, perché quelli di The Infinite Jest sono gli ultimi Jester Beast che si potranno ascoltare. Poco dopo l'uscita dell'EP la Bestia Giullare chiude bottega, e pare proprio in modo definitivo.




2018:The Lost Tapes Of... Poetical Freakscream

Claudio (CC Mux, autore dei riff della bestia giullare da Destroy  in poi), mi aveva detto che avendo ascoltato il premaster di Poetical Freakscream si era reso conto come suonasesse incredibilmente meglio della versione masterizzata. E ora alla fine è uscita per FOAD la versione rimasterizzata. E devo dire che quando partono le prime note di Freak Channel 9 neanche la riconosco. Nella masterizzazione originale si era persa una traccia di chitarra, e The Lost Tapes ci restituisce il suono della band come avrebbe dovuto essere. Sembra quasi un altro disco, che suona come ci si sarebbe aspettato dal successore di Destroy After Use. L'edizione FOAD include L'album in vinile, CD che comprende il rimasterizzato di D.A.U. già rifatto da FOAD qualche anno fa, dei brani dal vivo e degli inediti più un booklet di 13 pagine.  Tanta, tanta, tanta roba.






domenica 30 settembre 2018

No More Lies al CPA (Firenze), Impact al Newroz (Pisa): due giorni, due concerti - Venerdì 5 ottobre ore 20.30 garageradio.it

Dopo aver mancato i No More Lies al CPA in primavera (problemi fecero saltare la loro presenza), alla fine li ribecco in autunno, ancora al CPA. La serata prevedeva Machete, NML, Movement e Lowlife come headliners, ma data l'ora dopo i NML ho ripreso la via di casa (hanno finito di suonare verso la una).
I No More Lies hanno attirato la mia attenzione (e non solo la mia) per il loro voler venir fuori dal sound piuttosto omogeneo che va per la maggiore come HC da un po' troppi anni, recuperando cantato in italiano, influenze Oi!, e un poco del vibe dell'hardcore italiano anni 80.



Relativamente freschi di uno split con Rebel Crew, hanno proposto una scaletta centrata su questo e sul precedente lavoro, Fuori Dal Coro. E poco da fare, il pezzi dell'lp risaltano (riescono ad attirare l'attenzione del pubblico proprio con Non Dire Mai).
La band si ritrova con una formazione stabile e ben rodata da più di un anno, dal vivo sono energici, potenti, incisivi - e il Marinaio come frontman non ha bisogno di presentazioni o commenti.

E veniamo alla serata di sabato 29 settembre al Newroz, Pisa. L'ormai tradizionale evento organizzato da Oi! Block quest'anno ha una scaletta molto mista, dal punto di vista della proposta sonora (e questa secondo me è un'ottima cosa).
Lupe Velez: ottimo garage punk dove il punk si sente, e bene, e parecchia storia dell'underground della zona nella formazione (al basso Donatella Doda Mariotti, già nei Senza Sterzo, nonché indimenticabile curatrice dei concerti nella prima immensa fase di vita del Macchia Nera). Di fresco usciti su Area Pirata con un lp, Weird Tales, I Lupe Velez, per chi non li conosce, sono l'evoluzione dei sorprendenti Stella Maris Music Conspiracy, band se possibile con ancora più storia dentro (Stefano "Tetano" Piercecchi alla batteria, nientemeno che la partecipazione di suo fratello Syd - già, CCM), che si muoveva a metà tra sonorità del punk losangeleno di fine settanta e il primo hc da una parte e la psichedelia dall'altra (Operation Mindfuck, Area Pirata, 2013).
Gli Slander hanno fatto il loro, bene come al solito: poco da fare, il coinvolgimento del pubblico comincia quando tirano fuori The Rush, sanno di avere un gran pezzo e si giocano la carta con oculatezza.
A regola, con loro presenti, mi sarei aspettato di vedere tra il pubblico qualche metallaro, ma niente da fare, al Newroz i metallari arrivano solo se ci sono i Raw Power...
E veniamo al clou della serata, per quel che mi riguarda. Impact, nella terza fase della loro storia (dall'anno scorso è entrato un nuovo chitarrista). E per me è stato un flash, di quelli veri. Devo aver passato tutto il loro set con un sorriso idiota stampato sulla faccia.
Impact
Ci sono reunion che funzionano e reunion che non funzionano. Quella degli Impact, che a Gigo non piace definire reunion, non solo funziona. E' qualcosa di più. E' un'incarnazione dello spirito sonoro dell'hardcore  italiano della prima fase (81-84), di quello che americani definivano "rumble and clatter" ma suonato bene, precisissimo, e con il suono buono - quindi un qualcosa che allora nella media era piuttosto raro, per non dire quasi del tutto inesistente. Fossimo stati nel 1985 o 86 questa versione degli Impact avrebbe provocato sotto il palco mischie disumane. Ma siamo nel 2018, e la gente non è abituata ai suoni "storti". L'hardcore punk italiano degli 80 era mediamente storto, magnificamente storto, ed è forse questo che gli ha procurato la fama che ha avuto. Oggi quel suono è alieno esattamente come lo era allora: la gente è assuefatta a suoni squadrati ("Fate i Nabat!"), e il pubblico del Newroz ci mette qualcosa tipo dieci minuti o più a capire cosa sta succedendo sul palco. Non mi dilungo sulla scaletta, costituta dal repertorio classico del gruppo (ok, Solo Odio, ma anche il pezzo loro che preferisco, Processo Di Vita).
Se suonano dalle vostre parti non ve li perdete, non potete perderveli.


giovedì 20 settembre 2018

Quattro chiacchere con Stefano Bettini - venerdì ore 20.30 garageradio.it

Stefano Bettini è uno dei nomi "pesanti" di GDHC. Voce di I Refuse It, gruppo hc che è assai riduttivo definire "atipico", è transiato oltre la fine della stagione d'oro dell'HC italiano traformandosi ne Il Generale e diventando uno dei protagonisti della primissima stagione delle posse. Sono tempi di ristampa di materiale I Refuse It, e al riguardo lascio la parola a Riki Signorini su Ribelli a Vita.
Venerdì passeremo un'oretta a chiacchera con il prof. Bettini, e direi che la trasmissione è da non perdere



sabato 8 settembre 2018

E siamo arrivati alla quinta stagione di FERA... - venerdì 14 settembre ore 20.30 garageradio.eu

Dando un'occhiata all'indietro la quarta stagione non è stata malaccio, per quanto tragicamente carente quanto a pianificazione (visto che le partecipazioni in collegamento saltavano con estrema regolarità).
Per la stagione che viene già qualcosa in programma c'è, ma staremo a vedere come gira.
In quattro anni di blog un po' di cose ne ho scritte. Guardando avanti, a ripercorrere la storia delle correnti dell'heavy rock che per me sono state importanti ci sono ancora due anni di importanti ricorrenze: 1979 e 1980 sono anni cruciali sia per l'hardcore punk che per l'heavy metal.
Negli anni e nei post spero di aver contribuito a rimettere a fuoco quali erano i rapporti tra le due correnti back then, a metà anni 80. Resta da coprire la fine degli anni ottanta, in un certo senso il crepuscolo dell'underground, che però fu un crepuscolo molto luminoso.

Ma, tornando al presente, questo settembre è denso di appuntamenti.
E si comincia subito al  CSA nEXt Emerson  con Scheletro, Sabato 15 settembre. Farfalle dentro al vomito è stata una delle migliori novità che ho sentito quest'anno, quindi sono proprio curioso di vedere il gruppo dal vivo. Serata caldamente consigliata dal sottoscritto.




mercoledì 20 giugno 2018

Quattro chiacchere con Giancarlo Trombetti e Ruggero- venerdì 22 giugno ore 20.30 garageradio.it Torboli

Mi è sembrato un'ottimo modo per concludere la quarta stagione di FERA.
Come passa il tempo, sono già trascorsi quattro anni. Quattro anni, quattro traslochi della radio. Quattro anni in cui vecchi amici sono stati ritrovati (e persi).
Quattro anni in cui sono state raccontate varie cose: pezzi di storia dell'HC italiano anni 80 rimasti fuori dal quadro fino a poco tempo fa, la faccenda dei rapporti tra HC punk e thrash metal e qualche altra cosa (che per me non sono esercizio storiografico o documentaristico, ma pezzi di vita, e pezzi fondanti, come si dice).
Ma non c'era e non c'è solo questo. E una chiaccherata con Giancarlo e Ruggero (già a Video Music, Radio Rai 2, su Flash e per un periodo voce dei Not Moving) è un modo eccellente (e piacevole) per chiudere questa stagione.
E verso metà settembre ci risentiremo per l'inizio della quinta.

giovedì 7 giugno 2018

Anni 90: né HC, né Punk, né metal (o giù di lì) - Venerdì 8 giugno ore 20.30 garageradio.it

Nel 92 ero al penultimo anno di collaborazione con Flash e quando mi chiesero il mio disco dell'anno per le usuali liste dissi: Screaming Trees, Sweet Oblivion. Di sicuro non un album metal, o hard rock, e dirlo grunge non vuol dire niente. Sicuramente grind, death e le prime mosse del black metal mi dicevano meno di niente - perché Klaus mi passava quei dischi da recensire? Immagino per avere una voce opposta a quella di Nick Curri, che accoglieva con entusiasmo ogni uscita death.

Per me nei novanta le cose con più grande valore affettivo sono state alla fin fine Temple Of The Dog, i Soundgarden prima di Superunknown, i Mudhoney di Every Good Boy Deserve Fudge, Desert Sessions, PJ Harvey, Mark Lanegan. E per vicende varie nomi del trip hop come Massive Attack e Portishead.

Buon motivo per tornare, per una sera su quei passi, senza punk, hc, metal, hard rock (o quasi).

martedì 29 maggio 2018

Rottura/Tradizione tra punk, metal, HC nel primi 80 - Venerdì 1 giugno ore 20.30 garageradio.it

C'era un modo assai diverso di guardare all'indietro, tra punk e metallari nei primi 80, per quel che mi ricordo dalla mia esperienza. L'HC in Italia appariva come completa discontinuità e rottura, non solo col grande rock dei 60 e dei 70, ma anche con buona parte del punk 77 (storica la contestazione al concerto dei Clash a Bologna del 1 giugno 1980). I gruppi di culto di 10-15 anni prima erano MC5 e Stooges (e New York Dolls), che in effetti erano stati eletti a precursori dal punk e dalla New Wave in generale. I metallari invece, specie teen ager, guardavano indietro con un occhio diverso, andando a cercare i dischi dei gruppi hard rock anni 70, ma spesso anche il rock blues elettrificato (Johnny Winter, Rory Gallagher, Stevie Ray Vaughan etc). Il blues era alle volte riconosciuto come radice comune - ricorderò ancora che a Pistoia Blues si poteva trovare qualche metal head che aveva lasciato a casa la t-shirt dei Priest per metterne una di Johnny Winter e anche qualche mohicana.
La cosa che mi ha francamente sorpreso è scoprire di recente in alcune figure storiche del GDHC un profondo amore anche per l'hard rock dei 70 e il progressive, per esempio. O sentire Ian MacKaye dire, a proposito dei 70, "Fuck the Ramones, I say Ted Nugent!". O leggere Keith Morris che nella sua biografia ha parole di ammirazione per tutti i grandi gruppi tra fine 60 e metà 70, dai New York Dolls ai Thin Lizzy.
Comunque basta dare un'occhiata al bill di Reading 80 per rendersi conto di quale era l'ambiente sonoro dell'headbanger inglese, che al Marquee poteva andare sia per vedere i Maiden sia per ascoltare i Nine Below Zero. Ed era l'atmosfera sonora del Friday Rock Show di Tommy Vance, che metteva assieme classici del rock e nuovi gruppi NWOBHM.
Probabilmente in futuro tenteremo delle chiaccherate multigenerazionali sul rock dei 60 e dei 70 (idea di Antonio Cecchi dopo lunghe chiaccherate al riguardo la sera del concerto del trentennale dei Tossic al Cage Theater di Livorno). Intanto vedrò di mettere assieme una scaletta in tono.

venerdì 25 maggio 2018

ALL'ORIGINE DEL TUONO - Venerdì 25 maggio ore 20.30 garageradio.it

La RAI ha moltissimo materiale in archivio su rock, hard rock, metal e dintorni (ogni tanto qualcosa appare su RAI 5), ma non può competere per ovvie ragioni con la BBC.
Sono capitato su questo documentario BBC che dalla NWOBHM guarda all'indietro, verso l'origine dei suoni dell'heavy rock, universalmente collocata all'interno del british blues boom e del suo contorno. Il documentario sorvola su un paio di nomi cardine nella transizione dall'hard rock dei primissimi 70 agli Iron Maiden, ovvero Thin Lizzy e UFO, ma per il resto è una bella passeggiata indietro nel tempo, da quando il rock blues iniziò ad essere pesantemente elettrificato al grande hard rock tra fine 60 e primissimi 70. E' l'occasione per una scaletta a cavallo tra quei due decenni, che segua il filo di imponenti suoni di chitarra distorta.




venerdì 18 maggio 2018

RI-COVER - venerdì 18 maggio ore 20.30 garageradio.it

Metallo, anni 60, anni 70, HC, punk... una scaletta che rimbalza da cover a coverizzati può speziare per mezzo secolo dei heavy rock.
Quanto al ruolo delle cover, quello che fu (visto che ora tra cover band e soprattuto tributi la cosa ha cambiato senso), due righe le ho già scritte

(Ah, le cover degli Attitude mi sono sempre piaciute, fin da quando ascoltai la loro versione di Summertime Blues sul demo che mi arrivò e che ancora conservo)



giovedì 3 maggio 2018

venerdì 27 aprile 2018

30.000 - venerdì 27 aprile ore 20.30 garageradio.it

Tre anni e mezzo di blog, e si arriva a 30.000 visualizzazioni - 163 post del blog, 124 trasmissioni radio, 5 volte nella top 100 hardcore di mixcloud: poca roba, ma tutto fa. Il tutto giunge a 25 anni (giorno più, giorno meno) da quando smisi di scrivere su Flash, mettendo fine ai miei rapporti con l'editoria rock italiana. Era lo stesso anno in cui Tommy Vance concluse il Friday Rock Show - non ero l'unico per cui un'epoca si era conclusa, evidentemente.
E l'ultima cosa che mi sarei aspettato era di ritrovarmi 20 anni e passa dopo a scrivere l'introduzione di un libro che ha un gran valore per tanti (o pochi), per tutti quelli per cui GDHC e la stagione dell'hardcore italiano degli anni ottanta sono stati una cosa importante - a livello personale.
Ma prima ancora, fino all'83-84 c'era stato l'heavy metal. Il termine ormai vuol dire tutto o niente: per me, nella sua prima accezione, è quella cosa lì, la continuazione dell'hard rock dei 70 con altri mezzi, la stagione 78-82, la NWOBHM che si portava dietro i grandi nomi del decennio che andava concludendosi. Oggi quelle band sono "classic rock", allora erano ben lontane, in Italia, da diffusione mainstream e accettazione sociale - e anche quello era il bello.
Quindi stasera per le 30.000 visualizzazioni una scaletta in celebrazione di quel periodo (l'immagine non c'entra niente con la scaletta, anche se ha in qualche modo a che fare con la sua aspirazione).

mercoledì 11 aprile 2018

Methedrine, "Built for speed" Venerdì 13 aprile ore 20.30 garageradio.it

Venerdì parliamo del primo EP dei Methedrine, in uscita ufficiale il 16 prossimo su Kornalcielo . E ne parliamo con i diretti interessati in collegamento.


Nel tempo (cit "L'Esorcista") una mia recensione di Built For Speed uscirà su truemetal.it , ma intanto ve la anticipo.

Chitarre dowtuned? No. Riffoni squadrati? Neanche. Sheer power? Quanto ne volete.
In questo EP dei Methedrine lo spirito dell'85 scorre potente (e veloce). E per spirito dell'85 intendo la prima stagione in cui l'hardcore punk e il thrash metal iniziarono a incontrarsi, ma in questo caso non parlerei tanto di DRI, COC e SOD, quanto di Verbal Abuse, Dr. Know e, ovviamente, di Upset Noise: "Nothing More To Be Said" all'epoca ebbe la fama di primo album crossover thrash dell'hardcore italiano, e i Methedrine sono ex Upset Noise per due quinti, e due quinti pesanti (Lucio Drusian, voce, e Stefano "Bone" Bonanni, uno dei migliori batteristi dell'hc italiano di sempre). Ma in questa band multigenerazionale il contributo dei più giovani è brillantissimo, specialmente quello delle chitarre di Dario Senes e Mark Simonhell (tra l'altro impegnato con l'hm classico dei Tytus e il d-beat di Eu's Arse).
L'ultima incarnazione della reunion Upset Noise, quella con due chitarre (e una delle due era Mark Simonhell), dal vivo era di una potenza devastante. I Methedrine dal vivo non li ho ancora visti, ma mi aspetto che ne siano la logica conseguenza. Se il genere vi interessa non me li perderei, né su EP né dal vivo.


mercoledì 4 aprile 2018

New Wave Of American Heavy Metal, quella vera, part II -venerdì 6 aprile 20.30 garageradio.it

Tra 1983 e 1984 il thrash metal nasce e arriva al suo apice mentre per il 90% del pubblico mainstream, specialmente oltreoceano, grazie a MTV il metal è Motley Crue, Ratt, Cinderella, Warrant, Dokken, etc.
I nuovi enfant terrible del thrash dall'86 in poi firmeranno con le major e inizieranno a inserirsi nel "giro grosso" dei festival, dei concerti negli stadi, etc. Ma continuava ad esistere, ormai solo oltreoceano, un metal underground prosecuzione dell'age d'or del metal classico, 78-82. Metal Blade e in seconda posizione Shrapnel erano le etichette principali che ancora davano spazio a questi gruppi. E non venirono fuori dischi da poco. Due parole su due che continuo ad ascoltare tuttora.

I Fates Warning, dal Connecticut, avevano debuttato con un album, Night On Brocken, che li aveva rapidamente fatti classificare come copycat yankee dei Maiden. Ma mentre i Maiden stavano incidendo Somewhere In Time, sorpresa: Metal Blade fa uscire il secondo album dei Fates Warning, The Spectre Within.  La maggior parte dei fan del prog lo lasciano da parte: troppo metal, troppo poco prog. Ma all'epoca che fosse la testimonianza di una incredibile evoluzione del gruppo fu evidente da subito, fin dalle prime note di Traveller In Time. Molto metal e decisamente progressivo fin da subito, ma sottolineando sempre e comunque, fin dalla produzione, che di heavy metal si tratta, e al suo meglio. Chi ha citato come paragone i Mercyful Fate non ha sbagliato, secondo me. Di sicuro al gruppo non era passata inosservata la svolta dei Queensryche di Warning. Ma forse anche i Rush avevano un peso, sento nel testo di Pirates Of The Underground un eco di Spirit Of The Radio:

Deep in the dark wolves rip at your
Heart as you lie asleep.
Endangered specie of the megahertz
Follow the yellow brick road, your
Asylum awaits you.
Sign on the dotted line.
Pirates of the underground, mutiny is in the air...

Album senza punti deboli, dove i testi hanno un loro peso. I FW avevano la tendenza all'uso ipertrofico di metafore, ma a più di trent'anni continua a commuovermi il finale di Epitaph:

There lies the shadow of a man.
See the colored flowers and marble towers
They fade to brown
Like the unknown inscribed in stone...




I Cirith Ungol:  nel 1986, a due anni dal loro capolavoro King Of The Dead escono su Metal Blade con One Foot In Hell, album assolutamente eccellente che mostra una band cambiata dall'aggiunta di una seconda chitarra. Sono sempre loro, riconoscibilissimi, ma la produzione enfatizza l'impatto e rispetto a King Of The Dead il solismo di Jerry Fogle, che era esteso e pervasivo, costituendo uno dei tratti distintivi della band, quasi scompare, se non in due brani (Nadsokor, War Eternal). Se possibile le tematiche moorcockiane sono ancora più evidenti: Nadsokor è l'infame città dei mendicanti, nel mondo di Elric di Melniboné, e Chaos Descends ha un titolo che parla da solo. Sarà l'ultimo lavoro di rilievo del gruppo. Jerry Fogle sta già annegando nell'alcol la delusione del mancato successo della band. Al gruppo rimarrà lo status di cult dell'underground metal e l'ingresso a tutti gli effetti tra i classici del genere, con gli anni.  

giovedì 22 marzo 2018

Una curiosa rilettura del thrash metal 83-86 - venerdì 23 marzo ore 20.30 www.garageradio.it

"La rivoluzione stilistica del thrash che di lì a poco, imbastardendosi con altri generi musicali, si frammentò in micro correnti: l’hardcore e i Venom furono il cuore degli Slayer di Show No Mercy, il punk dei Germs divenne il dna dei Nuclear Assault di Game Over, l’heavy metal ipersonico degli Accept accelerò il pensiero degli Overkill di Taking Over, Exciter dei Judas Priest divenne il totem artistico degli Anthrax di Fistful Of Metal (che la perfezionarono nel loro primo capolavoro Metal Thrashing Mad). I Metallica scelsero l’heavy metal. E nel 1984, pubblicarono Ride The Lightining, il secondo passaggio di un’evoluzione che esploderà in Master Of Puppets."

E dire che ai suoi inizi Rumore era una cosa seria. Ero spesso in disaccordo con quel che scriveva Sorge, ma era una cosa seria. Questa cosa qua sopra no. Non metto neanche il link all'articolo, che nel suo insieme riesce a dare anche di peggio.
E' vero che chi ha trascorso la propria adolescenza nei 90 e oltre col metal ha dato dimostrazione più volte di non aver proprio idea di quello che era successo tra l'83 e l'86, ma qua siamo su un altro pianeta. Ci si sarebbe potuti documentare, libri e documentari non mancano, e qualcosa c'è nella sezione bibliografia di questo blog.  
Il thrash metal, che i Metallica inaugurarono con Kill 'em All, l'hanno raccontato i protagonisti. E' una cosa generazionale, e la storia di una generazione che si divise. Partita ascoltando l'hard rock dei 70, i Priest, i Thin Lizzy, i Rainbow gli AC/DC. E i Motorhead. Colpita dalla NWOBHM. Inorridita, a differenza dei più, davanti alla deriva pop del glam metal. E direttasi verso il D-Beat e l'hc punk, scegliendo di essere minoritaria.


I moved to San Francisco as a 15 year old in 1984, and this is when and where I saw the punks and metal heads really come together. You had bands like Exodus, Death Angel and Possessed, and clubs like Ruthies Inn that catered to the crossover scene. A good example of this unity could be seen at the last Crucifix show in SF, where members of Metallica were in the house right up front near the stage.

Brano particolarmente significativo di un bell'articolo su CVLT Nation. La storia è quella, andò così, e in quel modo io l'ho vissuta, assieme a un po' di altri.





lunedì 19 marzo 2018

"Back In the moshpit", Suff, Respect For Zero, MuD @CPA - 17/03/2018

 A questo "Back in the moshpit" di gente non se ne è vista molta, e di moshpit se possibile anche meno. Classica situazione in cui posticipare di più di un'ora l'inizio del concerto non giova.
I Suff lì per lì non li capisco gran che, ma alla fine risultano interessanti, soprattutto grazie al lavoro del chitarrista. Massima presenza alle 24 quando cominciano Respect For Zero: questi marchigiani tirano fuori un hc molto metallizzato ma anche piu' variato del solito, sono giovani, bravi, efficaci. Curiosamente riescono a gestire senza troppi cali di tensione la rottura del cavo del microfono della voce e vanno avanti benone dopo aver ovviato. Concludono il loro set con una cover di Ace of Spades forse un po' troppo pulitina, che diventa sgangherata quando il cantante si scorda le parole, ma non c'è problema. Nota di merito, direi.
I MuD dal vivo dal non li avevo mai visti. Hanno cominciato alla una, confermando impatto granitico e una notevole capacità di tenere il palco. Si sono trovati davanti ad una situazione di pubblico diradato, e dopo il primo pezzo sono riusciti a riprendere le fila della situazione, a portare il pubblico sotto il palco, e a far partire il benedetto moshpit che dava il nome alla serata. Non è cosa da tutti, questo significa avere cojones, e sul serio.
Peccato non ci fossero i No More Lies, bloccati da vicende familiari a Roma.
Alla fine la serata è venuta fuori come una cosa quasi del tutto uniformata a quell'area definibile dell'hc metallizato-NYHC, che principalmente si estende da Roma alla costa est.
Sarebbe simpatico che nei prossimi mesi in zona fossero offerte occasioni a quei gruppi italiani, principalmente del nord e del nordest, che si muovono su altre coordinate: personalmente mi piacerebbe vedere sull'asse classico Pisa-Firenze Council Of Rats, Vivere Merda, Destroy All Gondolas, Scheletro, ovviamente Methedrine. Se qualcuno che organizza in zona legge, magari ci faccia un pensiero.

Respect For Zero


giovedì 15 marzo 2018

Scheletro - Venerdì 16 marzo ore 20.30 garageradio.it

Gli Scheletro con Farfalle Dentro Al Vomito hanno attirato una certa attenzione, il che è abbastanza curioso per l'album autoprodotto di un gruppo crust italiano.
Perché gli Scheletro di base sono un gruppo crust, più di ispirazione americana che inglese o nordeuropea, anche se non solo solo questo. Nelle ispirazioni rilevabili dentro a  Farfalle Dentro Al Vomito c'è anche l'hardcore italiano degli anni 80, Nerorgasmo in primis, direi, principalmente per tono dei testi e cantato. E, in un panoramo forse sovraffolato, Scheletro hanno i pezzi, su tutti direi Invasati, Opinione, La Capra Punk. Su bandcamp li trovate qua.

Venerdì sera in collegamento Demian, voce della band.




giovedì 8 marzo 2018

Paolino Paperino Band - Venerdì 9 marzo ore 20.30 www.garageradio.it

Paolino Paperino Band: quando nei primi 90 vai al concerto di un gruppo mai sentito e ridi e ti diverti come di rado. Yana in collegamento, venerdì, e riporto la recensione dell'ultimo album PPB fatta da Riki Signorini su Ribelli A Vita:

Correva l’anno 1991, e da Modena mi fu recapitato un dischetto dal titolo curioso (“Fetta”) di una band fino a quel momento sconosciuta che aveva scelto un nome quantomeno strano (Paolino Paperino Band). Metterlo sul piatto ed innamorarmene fu una cosa unica. Ventisei anni e (pochi) dischi dopo ecco che i PPB ritornano con “C’è gente che dormono” il primo album vero dopo la reunion del 2012 (in mezzo c’è stato “Porcellum”, ma si tratta di un disco tutt’altro che memorabile), e fanno di nuovo centro. Ancora una volta un feroce mix di punk, funk, ska e rock’n’roll conditi da testi sarcastici e irriverenti che fanno della band Modenese il contraltare punk dei mostri sacri della musica demenziale, dagli Skiantos ad Elio e Le Storie Tese, passando per Jannacci. Quindici tracce ed una outro (che potrebbe essere una intro) estremamente piacevoli, che fotografano l’imborghesimento e l’ignoranza che ci pervadono e ci bloccano sul divano, rivoluzionari da tastiera sempre pronti alla rivolta sempre che non ci sia qualcosa di più importante in TV. A me piacciono tantissimo “Ave”, dedicata a Radio Maria, ma anche lo ska punk divertito e divertente di “Mobuto”, nonché le autocitazioni di “Ivo” e “La Giovane Mela”. Insomma un disco da ascoltare e riascoltare senza timore di annoiarsi, per il quale ringrazio Enrico ed Elisa di KOB records che hanno avuto il coraggio di produrlo.

martedì 27 febbraio 2018

Pusmort - venerdì 2 marzo ore 20.30 www.garageradio.it

Nell'era del web 2.0 cosa resta come prima memoria della Pusmort, che poi fu l'etichetta di Pushead, al secolo Brian Schroeder. leader e voce dei Septic Death, da Boise, Idaho, poi trasferitosi a San Francisco e diventato grafico per i Metallica nel momento del loro apogeo (come band, non commerciale, tempi di Master Of Puppets)? Google restituisce 8 titoli:

Cleanse the Bacteria, compilation, 1985
Christ On Parade, Sounds Of Nature 1985
Septic Death, Now That I Have The Attention What Do I Do With It? 1986
Poison Idea, Kings Of Punk 1986
Attitude Adjustement, American Paranoia 1986
Pusmort Sampler, comp. 1987
Septic Death, Kichigai 1988
Septic Death, Attention 1990 (con tutto quanto prodotto dal gruppo)

Una storia di metà anni ottanta, quindi (tra i periodi intensi un posto di assoluto rilievo, per quegli anni), quindi se si vuole tardiva, rispetto alla storia dell'hardcore americano, convenzionalmente iniziato nel 1980, che esaurisce la sua fase classica nel 1986 (anno di sciogliemnto di Black Flag e Dead Kennedys). E' stato un decennio vulcanico e veloce, quello degli anni ottanta, fino al 1987 le cose si sono avvicendate a gran velocità. In un periodo in cui il thrash metal faceva sentire in modo crescente la sua influenza sull hc punk, senza preclusioni particolari nei confronti delle novità, Pusmort era garanzia di suono marcio, sterzate verso tonalità oscure (fin dalle compertine dei vinili), bussola puntata sull'hc PUNK, con un'attenzione partcolare per l'estremismo più radicale e per gli sviluppi della scena punk inglese, dal nuovo UKHC ai Part 1. Ma non solo: per quel che mi riguarda alla lista manca Skate Rock vol. III: Wild Riders Of Boards (1985), complilation uscita assieme a Thrasher ma prodotta da Pusmort (Corrosion Of Conformity, Christ On Parade, Accused, Slam, Beyond Possession, Septic Death, Boneless Ones, Gang Green).
Pushead fu anche lì lì per far debuttare i Napalm Death, ma forse il demo con i pezzi che sarebbero diventati Scum non lo convinse.
Andando indietro con la memoria Pusmort ha saputo cogliere al meglio lo specifico spirito della metà degli ottanta, in cui alcune cose erano arrivate al loro culmine ed altre stavano già scemando.




giovedì 22 febbraio 2018

MuD - Venerdì 23 febbraio ore 20.30 garageradio.it

Venerdì in collegamento MuD, solido HC/Thrash dalla provincia abruzzese. Su fb li trovate qua, su bandcamp qua, e qua trovate due parole sulla loro ultima  fatica, The Sound Of Province (qui su bandcamp). Per i più pigri, visto che la recensione è mia, eccola qua.

Chi di dovere lo sa, con le recensioni ho smesso 25 anni fa (e le eccezioni sono pochissime). Questa mi è stata proposta in modo un po' vigliacco (detto con affetto). Faccio partire l'album su Bandcamp, vedo la partecipazione di Mauro Codeluppi (Raw Power, per chi non lo sapesse), e mentre "The Sounds Of The Province" scorre faccio altro... poi, ferma tutto: arriva una cover di "Solo Odio" degli Impact - fatta con la doppia cassa, o doppio pedale, per giunta. E chi di dovere sapeva di sicuro che avrebbe attirato la mia attenzione, quindi ecco qua la recensione.
Nati una decina di anni fa in provincia di Teramo, i MuD hanno iniziato con un crossover HC-Thrash Metal spostandosi poi verso sonorità più moderne - leggasi HC new school, anche se la cosiddetta new school tanto nuova non è, visto che è in giro da una ventina di anni. Durante la sua esistenza la band ha suonato molto in Italia e all'estero, quindi si tratta di gente che si è fatta le ossa e se le è fatte bene.
I MuD non ci raccontano niente di nuovo (del resto sono pochissimi i gruppi che solo provano a farlo) ma producono un album a cavallo tra nuovo HC e thrash potente, veloce, che a tratti ha il sapore del vecchio crossover thrash (e viene da pensare che tra cover e collaborazioni i riferimenti agli anni 80 siano decisamente voluti).
Per esperienza, di questi tempi basta poco a suonar bene in incisione, quindi vorrei avere occasione di vederli dal vivo: la dimensione live oggi come oggi è più che mai l'unica che consente di valutare davvero una band.

 Venerdì quattro chiacchere sulla loro storia, sull'ultimo album e via dicendo.



lunedì 12 febbraio 2018

GDHC, ancora, con Stefano "Tetano" (Lanciafiamme, Ravings) - Venerdì ore 20.30 www.garageradio.it

I Ravings, di Pisa, erano il gruppo del fratello di Syd, Gigi mi aveva detto che avevano preso il nome dal gruppo di John Belushi ai tempi del college. La lineup dei Ravings era frontman:Gigi, chitarre: Tim e Tom (due fratelli), basso Angelo, batteria: Stefano (il fratello di Syd). Syd e Lorelei avevano proposto che noi facessimo un tour con i Ravings, e fummo d'accordo. Così per il tour eravamo un gruppo di due van con dodici persone a bordo in tutto. A parte il piacere di farsi nuovi amici e di avere una compagnia del tour allargata, da questa decisione derivavano effetti positivi sia pratici che nelle pubbliche relazioni. In primo luogo i Ravings avevano lo vantaggio di status di fare un tour con un gruppo americano, poiché i gruppi americani erano richiesti nel circuito punk (il rock è musica americana, quindi c'è un senso di autenticità associato ad un gruppo americano). In secondo luogo i Ravings avrebbero accresciuto la credibilità ideologica mitigando le comunic critiche riguardo l'ingiusto dominio della scena da parte di gruppi americani, che sottraevano date ai gruppi europei - un altro esempio di imperialismo americano.
(False Prophets, field notes from the punk underground,  Steven Taylor)

Venerdì avremo in collegamento Stefano, ai tempi detto "Tetano", già in Lanciafiamme e Ravings, e ovviamente ci saranno anche Riki Signorini e Antonio Cecchi.




giovedì 8 febbraio 2018

Fireburn - Venerdì 9 febbraio ore 20.30 garageradio.eu

Intervista con Israel Joseph I, Fireburn 

Ripubblico, tradotta in italiano, l'intervista raccolta da Daniele di Sedation per il gruppo fb Hardcore Apocalypse Survivors

Don't stop the youth,  EP dei Fireburn, uscito per Closed Casket Activities, è stata sicuramente una delle migliori uscite del 2017 per quel che riguarda l'hardcore punk. Appena li si ascolta la testa ci dice "Bad Brains". Certo, ma non è tutto qua, c'è altro che vuol venir fuori e presto scopriremo (a breve un nuovo singolo e nel 2018 dovrebbe uscire un LP) che i Fireburn hanno una propia anima e una propria identità, e lo possiamo capire dalle parole del loro vocalist, Israel Joseph I, che con gran gentilezza e buona volontà ha trovato il tempo di rispondere alle mie domande anche se era in periodo molto indaffarato . Il gruppo è composto da Israel Joseph I (ex Bad Brains), Nick Townsend (Deadbeat, Knife Fight), Todd Jones (Nails, Terror) e Tood Youth (Bloodclot, Warzone, Danzing, Murphy's Law). Ascoltateli, non vi deluderanno di certo.

H.a.s.: se entrato nei Bad Brains in 1991, hai registrato Rise, sei andato in tour con Darryl Jenifer, Dr. Know e Mackie, li hai lasciati nel 1994, e poi ti sei di nuovo unito al gruppo nel 2008 per suonare dal vivo. E' stata una pesante responsabilità rimpiazzare un personaggio come HR? Che ci puoi dire di quel anni passati con una di quelle band che hanno fatto la storia dell'hardcore punk?

Israel Joseph I: Si è stata una pesante responsabilità. Ma la mia vita, la mia vita privata è anch'essa una pesante responsabilità e ho cercato di vivere secondo le cose a cui credo, e sono anche alcune delle cose in cui crede HR, come Ras Tafari. Inoltre capire che che ognuno è libero di prendere le proprie decisioni che a nessuno è stato chiesto di nascere qua sulla Terra così che tutti abbiamo diritto di imparare da quelli che sono venuti prima di noi e poi di pensare per conto nostro.
Riguardo gli anni con i Bad Brains: quando li incontrai avevo circa 20 anni e conoscevo la loro musica quindi fu facile per me cantare i loro pezzi. Comunque quel che è stato positivo, per me, sul piano musicale, è che mi permisero di scrivere i miei testi sulla musica di Rise, così da un punto di vista musicale è stata una grande esperienza perché mi hanno concesso libertà.
I Bad Brains hanno tracciato la strada del punk e dell'hardcore e io ho fatto del mio meglio per tener viva la tradizione del punk rock e del punk

H.a.s.: Dopo il mio primo ascolto dell'EP Don't Stop the Youth il mio primo pensiero è stato: perché Israel Joseph I ha aspettato così tanto per cantare di nuovo in un gruppo hardcore punk che non fossero i Bad Brains? Forse hai dovuto aspettare la gente giusta? So anche che hai prodotto musica di altro tipo...

Israel Joseph I: Ho passato molto tempo dopo i Bad Brains a pensare se avrei dovuto continuare con la musica o no. Ho avuto una brutta esperienza con i miei suldi e l'industria discografica. Alla fine dei 90 ho impiegato tempo a recuperare me stesso come avevo fatto da giovane, Ho fatto strani lavori, ho tenuto vive le amicizie, creato musica. Mi sono spostato da Los Angeles a New York nel 2002 e da allora sono restato lì. non ho mai smesso, con la musica perché la musica è dentro di me e non ho bisogno che l'industria mi dica che sono un musicista.
A un certo punto nel 2017 l'amico di un amico, Todd Youth, mi ha mandato un demo con della musica su cui stava lavorando. Appena l'ho ascoltato ho capito che quello era il sound che stavo aspettando per esprimere i sentimenti che avevo. E Fireburn è nato.

H.a.s.: Come hai conosciuto gli altri membri di Fireburn? Erano già tuoi amici di lunga data?


Israel Joseph I: Sai, nella vita credo che ci conosciamo tutti dopo esser nati per secoli e millenni su questo pianeta e lavorando a sanare le nostre anime o ad aiutare gli altri a sanare le loro. E' familiarià, sai? Detto questo io e Todd Youth ci siamo fisicament incontrati su questo mondo tramite la mostra d'arte di Daryl Jennifer a Los Angeles. Fratello Todd Youth aveva saputo che ero in città e poi mi mandò il demo via email. Quindi è stata una conoscenza benedetta. Ho conosciuto Nick e Todd J tramite Todd Youth e da allora siamo stati buoni amici

H.a.s.: Don't stop the youth  ha davvero un vibe Bad Brains e il tuo cantato ricorda molto i momenti migliori di HR; lo consideri un punto di partenza, una via da seguire o hai idee diverse per i nuovi pezzi?

Israel Joseph I: Veramente io non mi trovo somigliante a HR. Sono stato influenza da Johnny Rotten, sono stato influenzato dai Black Flag, sono stato influenzato dai GBH, sono stato influenzato da Ian McKay con i Minor Threat e sono stato influenzato da HR, e credo di provare a combinare tutte queste influenze. Sono stato ispirato anche da Prince, Bob Marley e tutto il reggae nel soul dei 70, dal blues, da Chuck Berry e Little Richard e da molti alti artisti che non hanno niente a che vedere con l'hardcore punk, il punk o la musica occidentale. Quindi credo di avere quella che in futuro sarà considerata una voce personale, ma certo HR è stata una grande ispirazione e sempre lo sarà to I and I.

H.a.s.: Don't stop the youth contiene un pezzo reggae, Jah Jah children, forse con un testo che parla di religione (non tutti conscono il significato di Jah). Puoi dirci qualcosa al riguardo, per te è importante credere nel tuo o in un Dio?

Israel Joseph I: La religione non è importante. La spiritualità e la conoscenza di Dio e l'empatia e l'amore per il tuo prossimo è importante. Uno spirito di servizio e lo spirito di aiutare gli esseri umani bisognosi di aiuto, ascoltare gli esseri umani che hanno bisogno di essere ascoltati, parlare con gli esseri umani che hanno bisogno che si parli con loro è lo spirito della Vera Religione
La sola religione ritenuta degna di questo mondo è l'empatia... la religione dell'empatia. L'amore è e sempre sarà la risposta. Non abbiamo scelta se non quella di livere secondo i comandamenti di Dio o di quello che noi chiamiamo Jah, essendo che "Dio" è solo un titolo e che qualsiasi "Dio" può rispondere a "Dio" quindi noi chiamiamo questo Dio con il suo Nome scritto nella Bibbia, JAH o YAH.
Dobbiamo capire che non possiamo vivere senza i comandamenti di empatia di JAH perché se lo facciamo allora abbiamo il mondo che esiste oggi, senza salvezza senza amore senza sicurezza
Così dovremmo sempre vivere per JAH LOVE e dovremmo sempre vivere per la potenza della forza creatrice. Creatrce. Crezione significa Vita, Creazione non è mai morte che inganna ruba o mente Creazione è sempre vita anche se alle volte deve distruggere per Creare alla fine è il Creatore e noi tutti siamo figli del Creatore
Questo è il motivo per cui il pezzo dice Jah Jah children. Jah è un suono antico. Jah Jah children perché alla fine siamo polvere di stelle. Alla fine siamo figli del Creatore. Alla fine siamo "la polvere della Terra"... Jah Jah Childern.

H.a.s.: Cosapensi dei gruppi che inseriscono nei loro brani un messaggio politico? Sei stato influenzato nelle tue opinioni politiche dai testi e dall'attività di questi gruppi?

Israel Joseph I: Credo che ogni gruppo che mai abbia avuto un messaggio politico dal primo calypso scritto a Trinidad all'inizio del XX secolo a tutta la musica dei 60 e dei 70 dal folk alle radici del rock and roll reggae, punk rock, a tutta la musica scritta negli 80 come hip hop e reagge ha il suo effetto e ci influenza tutti che noi lo sappiamo o no nel modo in cui nei 70 il reagge influenzò il rock e il rock influenzò la cultura.
Che lo sappiamo o no siamo influenzati da questi gruppi e credo sia importante e che sia sempre stato importante che la civiltà umana sia influenzata dalla musica, dalla creatività e dall'arte.
Perché è ciò che ci differenzia dagli animali. Musica, la creatività dell'arte visiva, filosofia, religione, matematica, scrittura scientifica, profezia, amore romantico, introspezione poesia, construzione di strumenti musicali, tra le altre cose è quello che ci separa dagli animali, che comunque stimo e amo molto Sono e sarò sempre influenzato dai miei pensieri sul mondo e li metterò sempre nella mia musica..

H.a.s.: Fireburn è come un supergruppo con te e gente come Todd Jones, Todd Youth, Nick Townsend. E' difficile aspettarci un album intero in tempi brevi?

Israel Joseph I: il 2018 se DIO vuole sarà un anno pieno di musica FIREBURN. Ancora musica, e ancora e ancora.


H.a.s.: C'è qualche progetto di tour negli USA o altrove?

Israel Joseph I: Il sentiero sembra portare da quella parte, sì.

H.a.s.:Grazie tante per il tuo tempo Ras Israel, tanti auguri, ho letto molte ottime reazione al vostro e EP e ne vogliamo ancora!

Israel Joseph I: Grazie a te, Daniele e come sempre, Yah Jah Ras Tafari Haile Selassie I bless.

Pics by Dan Rawe, Joe Calixto

Scaletta: tra i gruppi intrecciati con la storia dei componenti della band.