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mercoledì 4 aprile 2018

New Wave Of American Heavy Metal, quella vera, part II -venerdì 6 aprile 20.30 garageradio.it

Tra 1983 e 1984 il thrash metal nasce e arriva al suo apice mentre per il 90% del pubblico mainstream, specialmente oltreoceano, grazie a MTV il metal è Motley Crue, Ratt, Cinderella, Warrant, Dokken, etc.
I nuovi enfant terrible del thrash dall'86 in poi firmeranno con le major e inizieranno a inserirsi nel "giro grosso" dei festival, dei concerti negli stadi, etc. Ma continuava ad esistere, ormai solo oltreoceano, un metal underground prosecuzione dell'age d'or del metal classico, 78-82. Metal Blade e in seconda posizione Shrapnel erano le etichette principali che ancora davano spazio a questi gruppi. E non venirono fuori dischi da poco. Due parole su due che continuo ad ascoltare tuttora.

I Fates Warning, dal Connecticut, avevano debuttato con un album, Night On Brocken, che li aveva rapidamente fatti classificare come copycat yankee dei Maiden. Ma mentre i Maiden stavano incidendo Somewhere In Time, sorpresa: Metal Blade fa uscire il secondo album dei Fates Warning, The Spectre Within.  La maggior parte dei fan del prog lo lasciano da parte: troppo metal, troppo poco prog. Ma all'epoca che fosse la testimonianza di una incredibile evoluzione del gruppo fu evidente da subito, fin dalle prime note di Traveller In Time. Molto metal e decisamente progressivo fin da subito, ma sottolineando sempre e comunque, fin dalla produzione, che di heavy metal si tratta, e al suo meglio. Chi ha citato come paragone i Mercyful Fate non ha sbagliato, secondo me. Di sicuro al gruppo non era passata inosservata la svolta dei Queensryche di Warning. Ma forse anche i Rush avevano un peso, sento nel testo di Pirates Of The Underground un eco di Spirit Of The Radio:

Deep in the dark wolves rip at your
Heart as you lie asleep.
Endangered specie of the megahertz
Follow the yellow brick road, your
Asylum awaits you.
Sign on the dotted line.
Pirates of the underground, mutiny is in the air...

Album senza punti deboli, dove i testi hanno un loro peso. I FW avevano la tendenza all'uso ipertrofico di metafore, ma a più di trent'anni continua a commuovermi il finale di Epitaph:

There lies the shadow of a man.
See the colored flowers and marble towers
They fade to brown
Like the unknown inscribed in stone...




I Cirith Ungol:  nel 1986, a due anni dal loro capolavoro King Of The Dead escono su Metal Blade con One Foot In Hell, album assolutamente eccellente che mostra una band cambiata dall'aggiunta di una seconda chitarra. Sono sempre loro, riconoscibilissimi, ma la produzione enfatizza l'impatto e rispetto a King Of The Dead il solismo di Jerry Fogle, che era esteso e pervasivo, costituendo uno dei tratti distintivi della band, quasi scompare, se non in due brani (Nadsokor, War Eternal). Se possibile le tematiche moorcockiane sono ancora più evidenti: Nadsokor è l'infame città dei mendicanti, nel mondo di Elric di Melniboné, e Chaos Descends ha un titolo che parla da solo. Sarà l'ultimo lavoro di rilievo del gruppo. Jerry Fogle sta già annegando nell'alcol la delusione del mancato successo della band. Al gruppo rimarrà lo status di cult dell'underground metal e l'ingresso a tutti gli effetti tra i classici del genere, con gli anni.  

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