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domenica 24 aprile 2016

Yes, We Kill! - intervista, venerdì 29 ore 19 aprile www.garageradio.it

Se qualcuno non conosceva gli Impact prima dell'uscita di "Italian punk hardcore 1980-1989" e della relativa campagna promozionale, probabilmente l'immagine che ne ha ricavato è quella di un gruppo di punk "con i capelli ritti" che nel 1983 andarono da Ferrara a Milano per il concerto dei Black Flag ma che i Black Flag non riuscirono a vederli.
E magari gli è sfuggito che "Solo odio" è uno dei dischi notevoli dell'hc italiano anni 80.

Gli Impact si sono riuniti nel 2006, poi, un paio di anni fa, sono venuti fuori gli Yes, We Kill!, dove troviamo diversi ex Impact. E sono venuti fuori con quella che, secondo me, è stata una delle migliori uscite del 2015.
La parentela tra la nuova formazione e gli Impact è soltanto anagrafica: YWK! ha una sua precisa e distintà identità sonora (eccellente).
Tra l'altro FERA è nato con l'idea che ci siano in giro veterani con qualcosa di attuale da dire, e Yes, We Kill! qualcosa da dire lo hanno, e lo dicono in modo forte e chiaro fin dal nome che si sono dati.
E visto che non si sono accontentati dell'eccellente esordio, ora hanno pronto un nuovo lavoro, "Pronti Al Peggio", un'ottimo EP con otto pezzi tirati tirati, quasi tutti sotto i due minuti. Sembrano proprio decisi a non sbagliarne una.

Venerdì avrò in collegamento Don Diego, personaggio piuttosto indaffarato visto che è anche al basso in A New Scar, dove alla batteria c'è Stefano Bonanni (Eu's Arse, Upset Noise).
Gli Eu's Arse fecero uno split con gli Impact. nell'83 (quando Diego non c'era, perché era nei Disarmo Totale) . C'è un che di circolare in tutto ciò...



lunedì 18 aprile 2016

Mindwars - "Sworn To Secrecy" Intervista - Venerdì 22 aprile ore 19 www.garageradio.it

Sull'onda lunga dei fermenti underground degli anni ottanta, alla fine del decennio, poteva succedere che un gruppo thrash metal losangeleno (in crisi e vicino allo sciogliemento) incrociasse durante un tour europeo un batterista italiano. E poteva succedere che nelle chiacchere di backstage il batterista italiano e uno dei due chitarristi americani scoprissero comuni origini calabresi.
Il gruppo losangeleno erano gli Holy Terror (tra gli ultimi della prima ondata thrash di LA)

Roby Vitary (Creeping Death, Jester Beast) e Mike Alvord (Holy Terror) si risentono in tempi di social network, e il risultato è Mindwars , gruppo nato per ridar vita a suoni eighties tra thrash/speed metal e timbri NWOBHM ( e NON iniziate a pensare "noooooooo, un altro gruppo dell'eighties revival" - siamo lontanucci dale coordinate del nuovo classic metal svedese, per intenderci).
I Mindwars escono con il loro secondo album, Sworn To Secrecy , che viene alla luce su Punishment 18 Records. L'artefice dei suoni è nientemeno che Bill Metoyer , cioè colui che produsse molte delle più leggendarie uscite della Metal Blade più svariati altri vinili storici ("Give 'em the axe" dei Lizzy Borden, il primo EP degli Armored Saint, "Vicious Attack" degli Abattoir, "Awaken the guardian" dei Fates Warning, "Surf Nicaragua" dei Sacred Reich, tra gli altri).
E neanche a farlo apposta il tono prevalente del disco è quello dei primi tempi del metal americano dei priimi  eighties, dell'elaborazione californiana (ma non solo)  dei vari suoni della NWOBHM, con un gran bel guitarwork.



Venerdì avrò Roby e Mike in collegamento da Los Angeles, dove il gruppo sta iniziando un tour USA.

sabato 9 aprile 2016

Braindamage, "The Downfall" - Venerdì 15 aprile ore 19 www.garageradio.it

Parlando di metal, in tempi in cui decine di signor nessuno suonano più o meno tutti nello stesso modo, avere una propria precisa identità sonora è privilegio di pochi. E i Braindamage ce l'hanno.

Per la serie "veterani che spaccano", ecco a voi il nuovo album del gruppo thrash torinese, "The Downfall", che esce per  My Kingdom Music.

"The Downfall" inizia subito con la tipica firma sonora Braindamage (Substituting Forgiveness with mass destruction) e prosegue con l'artiglieria pesante (God granted you nuclear warheads) - la versione del demo però era decisamente più brutale.
L'album si articola nel classico linguaggio del gruppo, con le influenze di sempre (Voivod di "Killing Technology" e "Nothingface", Killing Joke), rielaborate e fatte proprie fin dai primi lavori, che cementano un songwriting efficace, ormai giunto al livello della massima maturità. Per me danno il meglio nei pezzi più caratteristicamente Braindamage (She can smell the blood of a surrendering race, Subhuman's towns merciless obliteration, You nailed my soul I burned your flesh), ma tutto l'album si mantiene su livelli eccellenti, senza cali di tensione o momenti morti (ops, c'è scappata la recensione...).


Venendo alla puntata di venerdì prossimo, a questo giro avrò in collegamento Andrea Signorelli, leader del gruppo fin dalle origini, e immagino che le cose di cui parlare non saranno poche (di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, dai tempi di "King in yellow's day" , opener del loro primo album in cui veniva rievocata la creatura di Robert William Chambers).


P.S
Non molto tempo fa un gruppo torinese che ha goduto di un certo successo alla fine dei novanta (ed oltre) si riproponeva vantando dubbie radici hardcore. I Braindamage non si pongono il problema di ricollocarsi per nuove fasce di pubblico sbandierando credenziali farlocche: le uniche radici che rivendicano sono quelle della loro musica, e lo fanno suonando (per la cronaca aggiungo che, a differenza di altri, Andrea Signorelli nel pit sotto un palco dei Negazione c'è stato).

E qui il podcast, con tanto di problemi di collegamento passati in audio... il bello (?) della diretta, come si dice (del resto considerati i potenti mezzi etc etc :) )

domenica 3 aprile 2016

Depressioni post pop e dintorni - venerdì 8 aprile www.garageradio.it

Per FERA questo aprile è diviso tra hardcore punk e thrash metal (del resto è il trentennale dell'1986, no?).
Dopo la puntata di presentazione di Distruggi La Bassa 2016, sono previste trasmissioni con Braindamage, Mindwars, Yes, We Kill.

Quindi a questo giro una pausa, con qualche riflessione che parte dall'ultima fatica di Iggy Pop, "Post pop depression"; uscito il 18 marzo. Probabilmente il suo canto del cigno. Sicuramente un'altra occasione in cui Josh Homme dimostra di aver da dire di più nei suoi vari progetti che nei QOTSA, negli altimi anni.
Se volete leggervi una recensione dell'album, consiglierei quella di Pitchfork..

Comunque è un lavoro impregnato di presentimenti o preccopazioni di morte imminente. Tenendo conto della lunga lista di necrologi di grandi del rock (e di amici suoi) degli ultimi mesi, la cosa è del tutto comprensibile - se vedessi gli esponenti della mia generazione scomparire a questo ritmo, sarei piuttosto inquieto pure io.

Mi sono sempre chiesto perché (e in Europa più che negli Stati Uniti) l'heavy rock americano della fine dei 60 sia stato  diviso tra progenitori del punk e progenitori del metal. In quale modo i Blue Cheer sarebbero proto metal e MC5 e Stooges proto punk? Parlando di Detroit, Ted Nugent non vedeva certo gli MC5 come qualcosa di diverso da quel che piaceva a lui. Degno di nota questo quadro della motor city dei
primissimi settanta dipinto da Alice Cooper

Ogni weekend al Grande o all' Eastown o in un altro di questi grandi club rock, sai, era tipo
MC5, Iggy e Alice. Iggy era il re dei punks e io ero quell'altra cosa , sai, ero tipo il  fantasma dell'opera. Lo amavamo, potevamo andare avanti sul palco per quanto volevamo e, dico , era sempre "chi è più pazzo, Iggy o Alice?" (1)

Evidentemente all'epoca queste band non pensavano di suonare per platee radicalmente diverse le une dalle altre. Eppure in qualche momento verso la metà dei settanta, quando in Europa si diffonde la divisione tribale nata in Inghilterra tra metallari e punk, vengono fissati i riferimenti esclusivi: Alice Cooper e Ted Nugent dal lato metal, MC5 e Stooges dal lato punk (che in un contesto di quel genere i Motorhead fossero l'unico gruppo trasversale alle due culture è uno dei tanti meriti e delle qualità uniche di Lemmy Kilminster).
E' la faccenda delle etichette che, per quanto piuttosto stupida, sta prendendo piede. Poi alla fine degli 80 molto è di nuovo rimescolato, e Kerrang piazza "Instinct" (1988) di Iggy Pop tra i "100 greatest metal albums of all times", alla posizione 69 - la lista , pubblicata nel gennaio dell'89, è abbastanza bizzarra, visto che contiene anche Sex Pistols, Journey, Queen  e Brian Adams.

Ritornando all'Iguana, la cosa paradossale nell'etichetta punk che si è visto affibbiare (della qual cosa incolpa i discografici) è che a lui il punk non piace...

(1) trascrizione di "Metal Evolution - 2 -Early Metal, US" Banger Films)



La scaletta:

Ci sono gruppi (moltissimi) di cui non ho mai avuto un vinile o un CD (solo le classiche C90 registrate
quello o quell'altro amico). Tra questi ci sarebbero stati pure gli Stooges e Iggy Pop se nel 91 non mi fossi comprato "Raw Power 91", spinto dal racconto entusiastico di qualcuno che aveva visto Iggy dal vivo quell'anno. E' un bootleg che ritrae il concerto dell'Iguana 43enne al Leysin Festival, in Svizzera, il 12 luglio del '91. Alla chitarra c'è da Whitey Kirst , al basso Craig Pike, alla batteria Larry Mullins (Toby Danmit) .
Ascoltarlo mi fece rimpiangere seriamente di essermi mancato la sua data milanese di quel febbraio. A parte questo, le connessioni della carriera di Iggy Pop sono una lunga lista, quindi...