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lunedì 27 aprile 2015

L'hardcore dopo la fine (?) dell'hardcore - Venerdì 8 Maggio ore 21 www.garageradio.it

Molti avranno letto "American Hardcore" di Steven Blush o visto il documentario omonimo che ne è stato tratto. Al di là del valore indubbio di libro (e film), la sua tesi di fondo ha suscitato non poche polemiche in rete: l'hardcore, nato nel 79, è finito nell'86.



Il tema è stato riproposto poco tempo fa nella blogosfera italiana  da "La patria del ribelle"  (che ha ripostato su fb un vecchio post) e, in un'ottica completamente diversa, riproposto ancora su fb da Rudy Medea (storica voce degli Indigesti, poi in Acredine, riuniti Indigesti e al momento al lavoro con i nuovi Shakermakers, progetto non hc).


Il quadro italiano attuale, poco da dire, è a grandi linee quello fatto da Rudy, più alcune microetichette e gruppi di produzione che possono ricordare, volendo, iniziative di crowdfunding. Onestamente non so (nel senso che proprio lo ignoro) quanto meglio possano andare le cose nel metal underground, ma mi sembra di capire che il problema riguarda in misura maggiore o minore tutto l'underground italiano. Mi sentirei di lasciare fuori dal discorso il download : se oggi si scarica, trent'anni fa si registravano e duplicavano cassette. La rete ha aumentato la scala del fenomeno ma in sé non è poi così nuovo. Lo streaming è cosa assai diversa, nel senso che, diversamente dalle diverse forme di file sharing, lì i soldi girano, e il problema è costituito da come girano, e in che proporzione arrivano ai musicisti (ridicola, perlopiù - le polemiche di grandi nomi del mainstream contro Spotify e Google sono indicative).
Per il contesto italiano mi vorrei limitare a segnalare il fatto che al quarto anno di crisi, nella recessione più lunga della storia italiana (a parte quella collegata alla seconda guerra mondiale), in un quadro generalizzato di calo continuativo dei consumi, è inevitabile che girino meno soldi ovunque (anche negli USA mi pare di capire che la brutale contrazione della classe media degli ultimi anni si sia tradotta in minori consumi musicali).


Ma ritorniamo all'86 e lasciamo da parte un attimo la scena d'oltreoceano (che pure è quella di cui Blush parla). In Italia  "quelli degli '80" sono di fatto quasi scomparsi dall'orizzonte hc negli anni 90. Non pochi si sono ritrovati nei contesti più diversi, alcuni in quelli che venivano generalmente etichettati come cyberpunk (dalla musica elettronica e dalla prima scena rave ai Mutoid Waste Company, dall'underground digitale ai veri e propri gruppi di hacker).
In quell'ambiente, a metà anni novanta, divenne molto popolare TAZ - Temporary Autonomous Zones di Hakim Bey (l'edizione italiana uscì per ShaKe). In tempi di web 2.0 le riflessioni del cyberpunk "politico" sembrano echi di un'altra era geologica. Eppure TAZ resta una chiave a parer mio indispensabile per la lettura anche dei fenomeni culturali alternativi. La prima scena hardcore internazionale è stata un network di zone temporaneamente autonome, o di isole nella rete, se preferite. E come tale non poteva perpetuarsi nel tempo se non diventando altro e perdendo in misura più o meno rilevante la propria natura. Per l'hardcore come fenomeno musicale non può non valere lo stesso principio.
Detto questo, l'attitudine della scena originaria poteva evolvere in un modo o nell'altro.
L'attaccamento ai modi originari della scena (e della musica) crea inevitabilmente un canone, una norma, finendo per realizzare l'esatto opposto della TAZ iniziale (caratterizzata dall'assenza di codici stringenti).
La proiezione in avanti andava necessariamente nella direzione di una scena indie e quindi di un mercato indipendente - ma pur sempre mercato (è quello di cui parla Rudy nel suo post). Le mie simpatie vanno ovviamente a questa seconda alternativa. Le due "vie" convivevano, nella seconda metà degli anni 80. Fu un fatto estremamente significativo che il leggendario concerto che segna idealmente il culmine e la fine della prima fase della scena italiana si sia tenuto non in un centro occupato, ma in un club (CCM, Indigesti e Negazione al Casalone, Bologna, giugno 1987). E non si può dire che tra le due aree corresse buonissimo sangue - in un paio di occasioni ho sentito usare i termini "venduti" da una parte e "pulciosi" dall'altra (d'altra parte sul versante politico a fine 80 spuntarono almeno una volta nei cortei slogan sfottò: "Gastronomia operaia/ indigestione/ frutta canditi /e panettoni" con la debita risposta "I panettoni /sono finiti/ centri sociali /autoallezziti" - significativi, sotto la superficie dello scherzo).
Lo scioglimento dei Negazione dopo la loro partecipazione al Monsters Of Rock chiude idealmente la seconda fase della "grande stagione hardcore italiana" - e in un certo qual modo anche il percorso dell'evoluzione "indie" della scena originaria.

PS: ho gia scritto due parole al riguardo qua

P.P.S. Il primo maggio, festa del lavoro, (che sarà celebrato nelle piazze da chi il lavoro l'ha attivamente precarizzato e svalutato, comprimendone i diritti) FERA non va in onda. In compenso Venerdì 8 spero di fornire, con la musica, un numero sufficiente di prove di esistenza in vita dell'hardcore tra l'86 e i primi 90.

PPPS: Nella scaletta del programma ci saranno (ovviamente) SNFU e NoMeansNo


Questi sono gli SNFU dal vivo nell'88 . Noterete che Mr Chi Pig, il vocalist, ogni tanto sparisce dall'inquadratura e il cameraman disperato sposta l'obiettivo a sinistra su basso e chitarra. Li vidi proprio quell'anno al Macchia Nera e finito il soundcheck vedemmo uno dei roadie fare una cosa apparentemente incomprensibile: si mise a "spazzare" tutto il palco con il microfono della voce - stava cercando interferenze. Il motivo dell'operazione? Chi Pig era un pupazzo a molla che non solo saltava, si arrampicava sulle casse e poi si buttava giù: faceva pure capriole e si rotolava per terra mentre cantava....


E questo video da una buona idea dei NoMeansNo dal vivo all'epoca:




L'hardcore dopo la fine (?) dell'hardcore - Hardcore after the end (?) of hardcore by Friday Extreme Rock Adventures on Mixcloud

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