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domenica 12 febbraio 2017

Destruction: a matter of attitude

(titolo convertito in inglese dopo discussione lessicale su fb)

La vicenda Destruction, con il comunicato contenente difesa e scuse un po' pelose della band, è ormai una pietanza fredda. Ma i temi coinvolti sono, purtroppo, sempre attuali. Sono venuti fuori quando è uscito Hardwired dei Metallica, torneranno fuori al prossimo lavoro degli Slayer, o degli Anthrax o che so io.
Non mi interessa parlare, a proposito di Destruction, di chi ha ragione e chi ha torto e in quale circostanza. Mi interessa parlare di attitudine, e non tanto della band, quanto del suo pubblico, del pubblico che li ha difesi arrivando a giustificare l'indifendibile (shitaly), perlomeno su fb.
A costo di apparire estremamente ripetitivo e noioso, il thrash delle origini non era solo una questione di stile musicale. I thrashers non odiavano (è la parola giusta) i posers perché Motley Crue Ratt Poison e Cinderella gli facevano schifo. Più che la musica avversavano profondamente il sistema di (dis)valori espresso da quei gruppi. E non parlo di scolarsi Jack Daniels e entrare nelle mutandine di quante più fanciulle fosse possibile - aspetti del tutto secondari. Parlo di attitudine e in specie nei confronti dei media maistream.
I gruppi hair metal erano nati per MTV e da MTV furono plasmati, volevano essere prodotto di massa fin dall'inizio, la colonna sonora per la gioventù della futura casalinga americana (acuta definizione di Kim Thayil dei Soundgarden), volevano diventare star. Il thrash delle origini era tutto sulla violenza della musica, sul rifiuto di veder etichetatto come heavy metal un pop travestito da rock duro. Fino a "burn your idols, fuck MTV, fuck the rockstars". Ok? Vi ricordo che i Metallica dissero che MAI avrebbero girato un video per apparire su MTV (quante scemenze si dicono da giovani, eh?). E questo spiega l'avvicinamento all'hardcore punk. Non si cambiava una t-shirt degli Iron Maiden con una dei Discharge o degli MDC o dei Dead Kennedys o dei DRI perché faceva figo. A differenza di quelle metal, quelle t-shirt volevano esprimere qualcosa in più che amore per il sound di quei gruppi, tutti con una precisa connotazione ideale, anarchica, libertaria, pacifista. Praticamente impossibile scindere la musica dai testi, se si capisce l'inglese.
Celtic Frost e Coroner
Piccola digressione sui gruppi tedeschi (e svizzeri): questa storia delle magliette hc coinvolge i Kreator, ma non Sodom e Destruction; l'amore di Tom Gabriel Warrior per i Discharge è stato ripetutamente dichiarato, e a lato lo vedete in compagnia di uno dei Coroner con t-shirt DRI.


E' chiaro che dall'86, quando la scena hc più vitale è quella di NY, mettersi una t-shirt di Agnostic Front o Cro Mags non ha più una connotazione leftist, ma ricordo che comunque l'attitudine di base NYHC restava quella di rifiuto del sistema e del music biz. Quando Kirk Hammet nell'87 salì sul palco del CGBG per suonare coi Crumbsuckers accompagnato da due guardie del corpo, fu contestato aspramente.
Il thrash metal, con i maggiori gruppi passati su major, stava allontandosi dalle proprie origini e si stava omologando alle logiche delle grandi etichette. Il Clash Of Titans sancirà quello che il thrash è diventato alla fine del suo percorso: un'altro aspetto dell'industria del più figo, quella che era nato per contestare.

Questo per ribadire cosa significò "thrash metal" 30 anni e passa fa.

Cosa c'entra tutto ciò coi Destruction e i loro difensori? Vediamo di precisare.
Per la maggioranza dei thrashers delle origini thrash è "rivolta contro", non un prodotto come gli altri. Per i sedicenni che videro il Clash Of Titans, invece, un altro prodotto dell'industria musicale da consumare. E' questo il punto, questa la transizione compiutasi nei 90, quando i metal estremo a modo suo diventerà l'industria underground del più figo (il più cattivo, il più satanista, il più gore). Star dell'underground che diventeranno idoli di una generazione di metallari. L'attitudine originaria del thrash sparita, archiviata in larga parte "l'orizzontalità" della scena. I Morbid Angel arrivano in tour in Europa e David Vincent si aspetta una groupie ad ogni serata (in assenza di groupie gli organizzatori fanno travestire delle professioniste del sesso). La starlette del metallo estremo è una rockstar in sedicesimo. Niente di strano, col punk sta succedendo la stessa cosa (notare che nel metal degli ultimi 30 anni non c'è niente di paragonabile ai Fugazi - che nei 90, quando tutte le major volevano metterli sotto contratto, si sono sempre rifiutati di firmare, ritenendo vitale continuare con il DIY). 
E per molti, le star (o le starlette) sono oggetto di incondizionata, acritica ammirazione. Quel che conta è la musica, la qualità del prodotto (in Italia ed ovunque il tasso di comprensione dell'inglese sia bassino la cosa è anche peggio, perché la mancata comprensione dei testi li esclude dal giudizio sul brano o sull'album).
In più permane l'aspetto adolescenziale del metal, quel voler essere affascinati, quel voler evadere che richiede sospensione dell'incredulità (Tolkien docet). E quindi disinteresse per i meccanismi del business musicale, fastidio per chi mostra i fili delle marionette, fino al sogno assurdo,completamente sganciato dalla realtà, per chi suona, di "sfondare", in un modo o nell'altro.
Il tutto si riassume in "chi suona bene ha ragione, qualsiasi cosa faccia, qualsiasi cosa dica". Questo motto applicato al thrash è l'equivalente del corporate punk, del Blink 182, dei My Chemical Romance. Il vuoto simulacro di qualcosa che aveva dei contenuti persi ormai da decenni, in quel passaggio degli anni novanta in cui "fu così che gente dedita a una irrefrenabile voglia di vivere fu trasformata in gente dedita a un'inarrestabile voglia di consumare" (Alessandro Marescotti, introduzione a "Italian Crackdown", Ed. Apogeo).


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