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sabato 12 settembre 2015

Barbari in copertina e considerazioni minime sui '70

Nei primi anni 70, in  "Almost famous" un fittizio e idealizzato Lester Bangs dice al protagosta adolescente (un Cameron Crowe in larga parte fictional anch'esso) "Mi spiace che ti sia perso il rock and roll, ragazzo" (in realtà i primi venti minuti del film sono una miniera di buone citazioni).
La frase è il prototipo dell'atteggiamento tra le vecchie generazioni di rocker e quelle che li hanno seguiti.
Il punto è che l'atteggiamento è. solidamente motivato.Chi si era vissuto le culture degli anni 60, dalla swinging London alla S. Francisco psichedelica, dal brit blues boom a Beatles, Rolling Stones e Who, un decennio finito in UK con l'esordio dei Led Zeppelin e in USA col fiorire della Detroit di MC5 e Stooges, non poteva non vedere gli anni 70 come un periodo di declino.
In realtà, nell'ottica di questo blog, gli anni settanta sono stati centrali (non è la prima volta che se ne parla), per motivi del tutto ovvi.
Tra i vari aspetti dei settanta uno di cui non si parla troppo spesso è l'ingresso di alcuni grandi illustratori sulle copertine dei dischi . In primo luogo Frank Frazetta.
L'avvento del cd (per tacere di youtube e MP3) ha senz'altro minimizzato l'impatto che aveva la copertina di un album. Allora essere una band all'esordio su lp e avere in copertina "The death dealer" di Frazetta non era cosa da poco...


E non era cosa da poco specialmente se si era un gruppo di un certo genere (per quel che mi riguarda le copertine dei primi tre dischi sono l'unica cosa che mi sia mai piaciuta dei Molly Hatchet).
Pensate alle copertine dei dischi power metal dai novanta e in poi e se volete piangere, fate pure. Il fatto è che ancora più che il paradigma musicale, nei 70 viene forgiato l'immaginario di quello che sarà poi l'heavy metal (classico) - tema in parte già trattato qua, per esempio.
A proposito di Frazetta non è un caso che una decina di anni fa i Wolfmother o chi per loro siano andati a cercarlo per la copertina del loro debutto su lp. L'intento era volutamente retrò, e in linea con la rendenza dello stoner-doom-sludge che ha recuperato un certo gusto grafico.
Non si possono non ricordare Rodnay Mattews - la cui attività per le album cover è stata lunghissima, e che negli anni ottanta produrrà copertine per Praying Mantis e sopratutto Diamond Head (Living on a borrowe time) -  e Roger Dean (che diede copertine e Budgie e Uriah Heep). Entrambi lavoreranno principalmente per album prog.
Vorrei segnalare un'altra copertina (e non quello che ci stava dentro).


Qua è al lavoro Richard Corben, l'autore di Bloodstar e del più famoso Den, personaggio che finì dentro "Heavy Metal" (1981), il film - per chi non lo sapesse il nome si riferisce all'edizione americana di Metal Hurlant, non tanto al genere musicale, ma giocava sull'equivoco, inserendo nella colonna sonora Sammy Hagar, Blue Oyster Cult, Black Sabbath e Trust; oggi basta accendere radio o tv per avere ottime probabilità di imbattersi in riff di chitarre distorte, ma allora la cosa era piuttosto rivoluzionaria, specie per il pubblico italiano.

Negli anni ottanta ci sarà uno sparuto gruppo di copertine "d'autore", tra metal e hc punk: A parte quelle già citate, Greg Hildebrandt per i Black Sabbath, Michael Wheelan per i Cirith Ungol e ovviamente H.R. Giger per Celtic Frost e per il poster interno di "Frankenchrist" dei Dead Kennedys.(il famoso "Penis Landscape", tra l'altro alla radice dell'odissea giudiziaria della band).

La scaletta: non ci saranno gli Zappelin, né i Deep Purple, né gli Aerosmith, né Ted Nugent, né i Kiss o i  Thin Lizzy o gli AC/DC o gli Uriah Heep o i Rainbow o i Judas Priest-  un'indicazione ve la do con un'altra copertina di Frazetta:





mercoledì 2 settembre 2015

Qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo e un po' di UK 82 - Venerdì 4 settembre ore 21 www.garageradio.it

E' stata un estate densa di avvenimenti. Tra le altre cose in molti siamo stati intossicati dalle condivisioni del nuovo singolo degli Iron Maiden, diventato virale appena uscito. Concerti di tutti i generi e i tipi, e nessuno avrebbe potuto essere neanche a tutti quelli che gli interessavano in Italia. Quelli che mi sono voluto vedere ad ogni costo li ho documentati nei post precedenti, compreso quello assolutamente epocale,,,,
In breve, a una decina d'anni dalla nascita del web 2.0 la parola d'ordine è inflazione, proliferazione esponenziale dell'offerta.
In questo affollato panorama è uscito un nuovo EP dei Doom, "Consumed to death" (due sterline su bandcamp, se volete risparmiare). Il che mi da l'occasione per parlare un po' di del vecchio hardcore inglese.


In principio vennero i Motorhead e, parola di Lemmy, guardarono con molto più interesse alla scena punk inglese di fine anni settanta che ai nuovi gruppi metal. Interesse del tutto corrisposto: quando vennero fuori i Discharge, e poi GBH e Exploited all'epoca erano definiti semplicemente hardcore punk o punk motorheadiano. I termini D-Beat e UK-82 erano lungi da venire (tra l'altro fin dall'inizio degli anni 80 i Motorhead erano veramente amati dai punk, e se nei loro ambienti si avventurava un capellone con la t-shirt dei Motorhead di solito non veniva guardato con troppo sospetto).


La stagione che vide entrare nella storia le "spiked hair"  non si è sottratta al fervore documentaristico degli ultmi dieci anni, ed è ben ritratta da "Burning Britain: The History of UK Punk 1980–1984 " di Ian Glasper, e dal DVD che ne è stato tratto.
Questi gruppi inglesi sono stati fondamentali per più di un aspetto.Hanno avuto un'influenza vasta e profonda, e la cosa vale sopratutto per i Discharge. Nonostante la relativamente scarsa e difficile distrubuzione, quell'influenza arrivò fino agli USA, facendo nascere diversi gruppi dallo stile "inglese" (i Battalion Of Saints, a San Diego, e poi nella Bay Area, vedi Crucifix, Capitol Punishment e sopratutto, più tardi, Neurosis). E non a caso nella Bay Area queste band finirono per costituire una delle influenze alla base della nascita del thrash metal. Per molti metallari delle successive generazioni questo punto si rivelerà controverso, ma se Gary Holt dice che il thrash metal è nato dalla NWOBHM con un pizzico di Discharge, non vedo motivi per cui non gli si dovrebbe credere  ( "Get Thrashed", 2006).
Ai tempi molti headbangers arrivarono a cercare i dischi di questi gruppi dopo aver visto Metallica e Exodus con magliette di Discharge, GBH, Broken Bones (su tutt'altri fronti nell'84 uscivano dischi come "Morbid Tales" dei Celtic Frost, con pesanti ed evidenti influenze dischargiane, e "War and pain" dei Voivod , per cui la stessa band ha citato tra le influenze Broken Bones e GBH ).

Bones, primi anni ottanta
Sui Discharge è stato detto più che a sufficienza ovunque, tra l'altro anche grazie ai buoni uffici di James Hetfield. Ma i Broken Bones, fondati da Anthony "Bones" Roberts dopo essere uscito dai Discharge, come si sarà capito, meritano una nota a parte.
Per me sono stati musicalmente il momento più alto  dell'anarcho punk inglese. Avevano tutto, impatto, tecnica, songwriting, un'inconfondibile guitarwork.
Pur restando indiscutibilmente hardcore punk fino a "FOAD", avevano inserito nel loro sound una serie di elementi metal, primo tra tutti gli assoli di chitarra di Bones, che dai tempi di "Why?" aveva fatto immensi passi avanti, e già si sentiva su "Hear nothing, see nothing, say nothing". Era diventato un chitarrista di tutto rispetto con uno stile nutritosi principalmente dei soli di Fast Eddie Clarke (ma anche, come avrà a dire di recente su fb, ispirato da Dave Murray sui due primi lp dei Maiden). Il risultato fu fulminante fin dai loro singoli dell'83 e fin da subito piacque molto ai primissimi thrashers; segnò anche una tappa di un cambamento culturale, visto che in origine il punk (e specialmente l'hc) aveva una vera e propria repulsione ideologica nei confronti degli assoli, ritenuti una inutile eredità del vecchio rock - ma la cosa aveva anche radici tecniche, visto che la maggior parte dei gruppi punk iniziò la propria attività senza saper suonare (come candididamente ammesso, per esempio, da Greg Hetson - Circle Jerks/Bad Religion )

I Doom, 2015
Da metà anni ottanta i gruppi - specie sul fronte metal - partendo da queste basi iniziarono ad evolvere o a cambiare. Gli stessi Discharge a metà anni 80 tentarono di trasformarsi in una sorta di gruppo hard rock, con risultati più che discutibili.
Fatto sta che quando "War crimes (inhuman beings)" uscì su Peaceville nell'89 onestamente non ci prestai attenzione - in tempi di  Nomeansno, Fugazi, Victims Family,  i Doom erano solo un'altra band regressiva - quanti gruppetti dischargiani erano già venuti fuori nella prima metà degli 80? Invece il gruppo, mescolando D-Beat e metallo estremo, arrivava a riempire un vuoto, e così facendo è stato poi collocato tra le band alle origini del crust (altro termine di fatto inesistente all'epoca).

P.S. Riguardo ai dischi fatti uscire dai Discharge nel nuovo millennio nella websfera italiana si può trovare l'usuale dose di idiozie, e non starò neanche a fare il nome dei siti in questione. In primo luogo i Discharge non hanno MAI fatto metalcore. neanche negli anni 90 (come ha scritto qualche disgraziato). A dimostrazione dell'intelligenza di Bones, in un periodo in cui gli eredi del D-Beat (cioè i gruppi crust) popolavano in buon numero l'underground, le formazioni dei Discharge dal 2001 in poi sono uscite con due dischi che, pur mantenendo l'impronta sonora che è sempre stata loro, sono puro crossover thrash, nell'accezione di metà anni ottanta  (quindi dischi NON D-Beat, e generalmente assai lontani da quel suono che è stato definito "the UK crust soup") ...

La scaletta: un excursus di gruppi visti in estate, qualche nuova uscita di realtà consolidate e giovani promesse, roba inglese o con influenze inglesi, e via dicendo...


lunedì 31 agosto 2015

Live Report - Jello Biafra and the Guantanamo School of Medicine, Locomotiv, Bologna, 30-08-2015

Ero nel pit quando Jello Biafra ha fatto "California Uber Alles", "Nazi Punks Fuck Off " e "Holiday in Cambodia". Il report, per quel che mi riguarda, potrebbe essere tutto qua. Un singolo aggetivo per descrivere il concerto? Awesome.
Ok, cerchiamo di fare le cose come si deve.
Hub Music Factory porta in Italia con due date il "Fuck Austerity European Tour 2015" di Jello Biafra and the Guantanamo School of Medicine. Titolo non casuale, come si capirà. Comunque il 30 sera, quando alla fine, dopo le undici e mezzo, il gruppo entra sul palco, il Locomotiv è pieno. Ralph Spight e soci (un altro ex Victims Family al basso) iniziano a suonare e dopo poco entra saltellando Biafra, occhialini da sole tondi, una giacca a losanghe colorate quasi da arlecchino, e parte con "Strenght Thru Shopping". La formula dello show è presto evidente, è un incrocio tra un concerto hc e uno show spoken word.
 

 
Le introduzioni ai brani, accompagnate dalla band con musica di sottofondo, in realtà sono piccoli monologhi, e solo alla loro conclusione arriva la vera e propria presentazione del brano. Si comincia con la visione di Biafra della crisi europea, abbastanza sulla linea di Thomas Piketty, cioè abbastanza stile Tsipras  (e si è visto poi com'è andata a finire in Grecia). E' così che introduce "New Feudalism" (e su questo tema  Feudalesimo e Libertà è davvero un passo avanti). E poi continua , liberandosi di occhialini e giacca, pescando brani prevalentemente da "White People and the Damage Done" e in particolare quelli pià hardcore ("John Dillinger", "Road Rage").  Jello mima i testi di tutti i brani. Si suda, sopra e sotto il palco.

Ralph Spight
Il pit è partito fin da subito, ma quando si sentono le prime note di "California Uber Alles" impazzisce, e sotto il palco è rovina totale.
Il pubblico conosce le parole anche dei brani nuovi, ma quando si arriva ai vecchi pezzi dei Dead Kennedys l'eccitazione arriva al culmine: "Nazi punks fuck off"  fa deflagrare di nuovo il pit, poi arriva anche "Government Flu" .Un'imitazione di Zappa che dice in audizione parlamentare, rivolto ai senatori "Nodoby looks good with a brown lipstick" introduce "Brown Lipstick Parade"
Quando la band lascia il palco il pubblico chiede il bis, e lo ottiene. Arriva "White People and the Damage Done", Spight scende a suonare giù dal palco in mezzo alla gente. E poi Jello ritorna sul tema della crisi in Europa e presenta come inno delle riunioni dei leader europei "Kill the Poor". Di nuovo il gruppo lascia il palco, e di nuovo viene ottenuto un bis, prima "Shock-U-Py",  poi, inattesa, arriva "Holiday in Cambodia", che fa andare il pubblico in delirio, Jello si tuffa dal palco, fa crowd surfing, perde il microfono, ma non c'è problema, la gente canta tutta assieme le parole.

Franco Giubilei, corrispondente per "La Stampa" da Bologna, concludeva così la sua presentazione delle due date di Biafra e soci:

"Filmati recenti ci mostrano Jello Biafra un po’ imbolsito mentre canta dal vivo California Uber Alles per un pubblico più panciuto di lui, ma la voce, almeno quella, sembra che graffi ancora."

Completamente fuori bersaglio: non è stato un evento nostalgico per cinquantenni (anche se dei cinquantenni c'erano). Ad occhio l'età media del pubblico era abbastanza alta, ma direi non più di 35 anni, Non solo  Jello ha ancora voce: l'attitudine è ancora tutta lì, ha una band tra le più solide che si possano immaginare, il suono era perfetto, l'equilibrio tra brani e parti parlate ottimo. Ne è venuto fuori un immenso, memorabile concerto HC - e non credo che nessun giornalista mainstream avrebbe retto nel pit per più di cinque secondi su "California Uber Alles". Amen.



giovedì 20 agosto 2015

Jello Biafra and the Guantanamo School Of Medicine

E' L'estate dei tour europei dei padri fondatori dell'HC americano. Si parla di Jello Biafra and the Guantanamo School of Medicine.
Hub Music Factory, estremamene attiva, tra le altre cose dopo aver portato in Italia gli Off! ora fa arrivare Mr Eric Reed Boucher (entrato nella storia con i Dead Kennedys) con la band con cui va in giro da circa sei anni - al basso c'è stato Andy Weiss, indimenticabile componenete della prima incarnazione della Rollins Band, ora alla chitarra c'è Ralph Spight degli altrettanto indimenticati Victims Family.



Due le date: 30.08.15 al Locomotiv, Bologna e 31.08.15 Legend Club, Milano, popolarissimo il prezzo del biglietto.

Biafra l'ha detto più di una volta: lui non ha il dono della sintesi di Ian Mackay, che se vuole riesce a dire tutto quel che intende dire in un minuto e mezzo. Nella sua avanzata maturità Jello articola testi mediamente lunghi (eredità dei tanti anni di show spoken word), ma lo fa splendidamente. D'altra parte attivismo e musica per lui sono sempre stati interconnesi, fin da quando si candidò a sindaco di S.Francisco con un programma che prevedeva costumi da pagliaccio come uniformi della polizia (e prese il 4%). E non si può dimenticare la sua partecipazione nel progetto The No WTO Combo (com Kim Thayil dei Soundgarden e Krist Novoselic dei Nirvana) che coincideva con la sua partecipazione alle proteste anti-WTO di Seattle nel 99 (il battesimo del fuoco del movimento No Global). Infine il suo coinvolgimento in Occupy! (a cui ha dedicato SHOCK-U-PY!, singolo del 2012 poi incluso in The White Man and the Damage Done del 2013. Sarò presente a Bologna, probabilmente con un vecchio amico e collega, e vedremo di documentare al meglio l'evento, sui blog e in radio.

lunedì 27 luglio 2015

Live Report: United As One #2 - Nuclear Assault, Ratos de Porao, Toxic Holocaust, Raw Power, Cripple Bastards, Game Over 25-07 2015 Poviglio RE

Alla fine Apocalypse Extreme Agency/MP promotion e F.O.A.D. Records (e tutto lo staff PHC) hanno messo su quello che sarà ricordato come uno degli eventi dell'anno. Grande affluenza, una scelta che si è rivelata particolarmente felice della compagine di gruppi, un'organizzazione eccellente (come al solito), tutto ha contribuito al successo del festival.

I Game Over potrebbero sembrare la risposta italiana ai Lost Society. L'effetto "salto indietro nel tempo" vedendoli in scena, è impressionante: sembrano proiettati su un palco della bassa reggiana odierna dal 1986. In un modo o nell'altro comunque funzionano. Chissà cosa riserva il futuro a questi ferraresi.







Sono passati quindici anni da "Misantropo a senso unico". Al di là dall'essersi conquistati un posto nella storia del grind e del contratto con Relapse, a che punto sono ora i Cripple Bastards? Parlando da soggetto generalmente allergico al grindcore, sono ad un punto ottimo: una macchina demolitrice animata da feroce e psicotica determinazione, in grado di accendere il pit alle sei del pomeriggio (col sole) e a farlo letteralmente esplodere con "Misantropo a senso unico" e "Italia di merda" : non è poco.



Tanto efficaci sono stati i Cripple Bastards che l'attuale configurazione dei Raw Power quando è arrivata sul palco ha trovato il pubblico che ancora stava riprendendo fiato. Bella prova, quella dei "padroni di casa": Essere una vera e propria istituzione, in questo campo, presenta dei rischi, tipo tirar fuori merchandise come quella della foto, o avere un pubblico assuefatto al gruppo. Invece sono stati compatti, energici, precisi, divertenti (forse perché i primi a divertirsi sono loro). E quando tirano fuori "Power", "State Oppression" e "Mine to kill" l'entusiasmo del pubblico è evidente.




La sorpresa della giornata, per me, sono i Toxic HolocaustJoel Grind (a questo giro basso e voce) è uno yankee  biondo e roseo. Arriva sul palco con una maglietta degli Onslaught (proprio così, t-shirt di "Power from hell", uno dei dischi più inutili della storia del thrash) e fin da subito cerca con insistenza il rapporto col pubblico, e con successo.
I Toxic Holocaust sciorinano il loro thrash old school estremamente basico, davvero terra terra, ma lo fanno con energia e convinzione contagiosa. Il pubblico risponde alla grande, il pit divampa.e quindi si crea un raro cortocircuito tra l'entusiasmo del pubblico e quello della band. Joel, essendo un neo thrasher  venuto su negli anni 2000, annunciando "Wild dogs" davanti a una selva di braccia alzate chiede il circle pit, mimando il movimento rotatorio con un dito. Lo ottiene , ma non dura  più di un minuto. Lui non si scompone e lo chiede annunciando ogni pezzo (Punks and metalheads united, let's circle" "Everybody move now" eccetera). Alla fine si stupisce pure lui dei risultati ("Una cosa del genere negli States non sarebbe stata possibile") .









I Ratos De Porao sono piaciuti a molti più degli altri gruppi. Set compatto, schiacciasassi, con Gordo che nonostante l'età e la massa continua ad essere un frontman efficace. L'alternare pezzi vecchi e nuovi probabilmente ha fatto contenti tutti, ma personalmente non ci posso fare niente, mi piace solo il loro repertorio più vecchio - che non è mancato: "Crucificados pelo sistema" "e "Periferia" per fare due titoli.






Con i Nuclear Assault (tre quarti della formazione originale) che le cose non sarebbero andate al meglio si è capito da un soundcheck esageratamente lungo e complicato. Non avendoli mai visti prima dal vivo, non ho potuto fare a meno di notare il contrasto tra John Connelly (decisamente basso, i capelli li ha ancora tutti ma li porta cortissimi, andato in scena in pantaloni corti, t-shirt, gilet di jeans e sandali) e Dan Lilker (poca traccia degli anni su di lui, sempre la stessa figura di vent'anni e passa fa).



Comunque quando alla fine partono il suono non è gran che. Connelly ha ancora fiato e la sua voce è ancora tutta lì, ma dopo un paio di brani si interrompono per motivi apparentemente inesplicabili. Alla fine l'organizzazione ci fa sapere che Connelly avrebbe piacere che la gente salisse sul palco a cantare, senza provocare danni o problemi salla sicurezza, il che è un'ottima cosa, ma alla fine non devono aver trovato la quadra perché la security continua a ributtare indietro chi si tuffa dalle barriere e chi fa crowd surfing. Dan Lilker tira da un joint in ogni intervallo, Connelly ironizza sul fatto definendolo un hippy. Nei fatti il frontman lo fa Lilker. Quindi tutto il set viene fuori abbastanza confuso e con frequenti pause che fanno calare la tensione. "Buttfuck" non manca, ma senza il parlato sulla parte blues. Vengono presentati un paio di brani dal loro nuovo ep. Il tutto è vagamente deludente e mi fa rimpiangere di non aver mai visto la band negli anni d'oro del thrash.

Nuclear Assault, scatto di Stefano Giusti

 Nel complesso sicuramente un evento memorabile per tutti i partecipanti. Per un veterano come chi scrive, la curiosa impressione che sia tornato a soffiare lo stesso identico vento che soffiava nella seconda metà degli ottanta. Ma gli anni sono passati, e quella di allora era una prima edizione...

mercoledì 8 luglio 2015

C'era una volta il blues (a Pistoia)... - fine stagione FERA 2014-2015, ore 21 Venerdì 10 Luglio www.garageradio.it

La fine stagione riguarda il programma radio, non escludo altri post, specialmente per quel che riguarda i live report. Le trasmissioni riprenderanno a settembre.
Detto ciò, entriamo nel tema....



Cos'è che accomunava, a metà anni 80, i fan del rock classico, e diversi metallari e punk?
In piazza del duomo a Pistoia si potevano incrociare alcune mohicane e metal heads che avevano lasciato la maglietta dei Judas Priest o dei Metallica per mettersene una di Johnny Winter o di Steve Ray Vaughan. E c'erano gli hippy, venuti fuori da chissà quali nascondigli o comuni montane.
Le vie d'accesso a piazza Duomo si trasformavano in un mercatino con la più vasta offerta di accessori da fumo, su cui aleggiava un odore forte e caratteristico, una miscela di fumo di joint, incenso, sangria, birra e puzza di sudore e deiezioni.
Nell'84, Rory Gallagher, e Jimmy Page in una jam con John Hiseman e Dick Heckstall Smith dei Colosseum e Ginger Baker dei Cream. Nell'85 B.B. King, nell'86 John Mayall, nell'87 di nuovo B.B. King, e Albert Collins. E poi Buddy Guy, John Lee Hooker, i Canned Heat, Johnny Winter... A Pistoia sono passati tutti o quasi i nomi che hanno fatto la storia del blues e del rock blues.
Rimpiango ancora di non aver visto Rory Gallagher nell'84....



Ho un ricordo preciso di Johnny Winter all'edizione del 1988. A causa della pioggia l'inizio del suo set, che era l'ultimo della serata, era slittato in avanti. Appena la pioggia cala di intensità, arriva sul palco, in nero, con uno stetson nero in testa;: la sua formazione è un trio, e lui inizia il concerto con un lungo assolo. La piazza del Duomo, come al solito, è interamente coperta di gente seduta per terra, rivolta verso il palco. A causa della tarda ora, sono quasi tutti semi addormentati. L'albino finisce il suo assolo, annuncia quasi a bassa voce "Rock Me Baby", e dopo un'introduzione su un riff ultraamplificato attacca urlando . Tutti quelli seduti nella piazza sobbalzano vistosamente all'unisono, svegliandosi, con un curioso effetto onda. E Winter prosegue il suo set di blues elettrico distorto e amplificatissimo. Io avevo un accredito stampa, un collega mi indicò un paio di tipi che seguivano il concerto con le mani sulle orecchie. "Giornalisti jazz", mi disse.

Pistoia Blues 99 è forse stata l'edizione di sperimenzazione di festival non blues (con Linton Kwesi Johnson, Patty Smith e Deep Purple)- andai a vedere i Deep Purple, l'atmosfera era decisamente nostalgica, Gillan arrivò sul palco e accennarono "The boys are back in town". Da allora, una progressiva diluizione del carattere blues della manifestazione. Quest'anno, il blues è confinato in una non meglio caratterizzata "Italian Blues Night". E' così difficile mettere insieme una serata blues di livello internazionale, di questi tempi? Stando a questo video, sembrerebbe di no...




La scaletta: l'atmosfera sonora di Pistoia Blues, quelle che era in passato e che dovrebbe essere tutt'ora - ci sarà anche Lighting Hopkins, che essendo morto nell'82 a Pistoia non c'è mai stato. Il patriarca del blues texano non è mai stato molto considerato dalle nostre parti, e a torto (per l'ultimo leggendario chitarrista blues bianco della storia, cioè John Campbell,  l'uomo era stato la luce del mondo o giù di lì)


mercoledì 1 luglio 2015

Un'attitudine (un tempo) indiscussa - Venerdì 3 luglio ore 21 www.garageradio.it

Nel tempo dell'informazione veloce, la notizia è ormai vecchia: a settembre (l'UNDICI settembre) uscirà l'undicesimo album degli Slayer. Il video dell'ultimo  singolo (la title track "Repentless" ) gira ormai da più di tre settimane sui social. A chi è piaciuto, a chi non è piaciuto ("Implode" e "When the stillness comes" sono state accolte anche peggio). C'è chi si è chiesto se non sarebbe meglio per King e soci smettere di fare album nuovi e inziare a scrivere pezzi per altiri  (l'idea non è poi così balorda: mi sono immaginato "Repentless" fatta dagli Exodus e il quadro non sarebbe affatto male).
Di sicuro i singoli  non lasciano intuire esattamente quel che sarà il disco: cosa che, per restare nei dintorni, invece si capiva benissimo con "Blood in, blood out" degli Exodus.  Vedremo



Degli Slayer è stato detto tutto e il contrario di tutto. Ci sono cose che avrei preferito non vedere da loro: il brand management (vino birra o che altro), l'andare avanti con il gruppo oggettivamente dimezzato (senza Lombardo e Hanneman sono ancora gli Slayer?). Altre cose proprio non avrei voluto sentirle  (Diabolous in Musica) .Ma per anni e anni sono stati il benchmark del thrash metal originario
Dave Lombardo e Jeff Hanneman costituivano l'anima hardcore del gruppo e non ne hanno mai fatto un mistero. Uscito Lombardo, nel mezzo dei difficili anni novanta, la band ha avuto il merito di far uscire "Undisputed Attiitude".
Metà anni novanta: il thrash è praticamente evaporato, e da un po', metal estremo vuol dire death metal e grindcore, i Pantera hanno aperto la strada del groove, i Sepultura l'hanno ribadita, gli scandinavi, tra death e black metal, la fanno da padrone. Il  grunge è morto con Kurt Cobain.Il punk? Il punk sono i Green Day , gli Offspring e i Rancid che hanno ormai scalato le classifiche, l'hardcore è perlopiù NYHC e largamente metallizzato (per fortuna ci sono i Sick Of It All, e stanno debuttando gli H2O); si creano le basi dell'emo (che NON sono nella Revolution Summer dell'85). In questo panorama spiazzante (per la generazione precedente) gli Slayer pensano di far uscire un album di cover. All'inizio pensano a cover dei Judas Priest, UFO, Deep Purple, poi cambiano direzione di 180° e decidono per cover di gruppi hardcore americani dei primi anni 80. TSOL, D.R.I., Verbal Abuse, Minor Threat, D.I. (con l'aggiunta di un paio di pezzi dei Pap Smear, side project hc punk di Hanneman, un indedito e un classico degli Stooges - imposto da Hanneman). L'album arriva al 34 posto della Billboard 200 - molti storcono il naso.

Due anni dopo Tom Araya ne parla così:

"(l'album, NdT) Fece quel che ci si aspettava, cioè non molto. Tenemmo un profilo molto basso , facemmo un tour molto corto durante il quale suonammo in piccoli club. Era in chiave minore. Voglio dire, era un disco di cover.. Pensammo :se lo facciamo uscire e piace ai ragazzi, bene. Kerry era molto motivato a farlo uscire."

"Undisputed attitude" ha avuto il pregio, in un periodo che l'aveva non dimenticato, ma praticamente rimosso, di riportare un poco di attenzione sull'hardcore degli anni 80 - stagione del tutto irripetibile, come altre venute fuori negli eighties e ancora più indietro nel tempo.
Con alcuni effetti collaterali a cui di solito la gente non pensa: le royalties delle cover (e la pubblicità fatta alla band, scegliendo brani loro) hanno permesso, per esempio, ai Verbal Abuse di traghettarsi nel nuovo millennio.
In quell'epoca di massiccia commercializzazione dell'underground riproporre i suoni di quei gruppi lontani da qualsiasi mainstream, senza compromessi, che suonavano come se non ci fosse futuro era una delle cose più sensate e significative che potessero essere fatte.

La scaletta: pochi Slayer, i gruppi delle cover su "Undisputed attitude" e dintorni...